Mafia, minacce e appalti pubblici| Il sindaco fece saltare il banco - Live Sicilia

Mafia, minacce e appalti pubblici| Il sindaco fece saltare il banco

Una gara sarebbe stata truccata a Castronovo di Sicilia. E non sarebbe l'unico caso.

PALERMO – È un salto indietro nel tempo. Un ritorno alla stagione degli appalti truccati con la prepotenza della mafia. Quanto scoperto dai carabinieri a Castronovo di Sicilia dimostra che lontano dai riflettori delle grandi città vince la forza dell’intimidazione.

A fare saltare il banco è stato il senso del dovere dell’ex sindaco del paese in provincia di Palermo, Francesco Onorato. In questo caso sarebbe stato Antonino Biancorosso ad esercitare pressioni per aggiudicarsi il servizio di scuolabus per trentuno mila euro. Biancorosso ha la fedina penale macchiata da una condanna per mafia e una per bancarotta fraudolenta. Angelo Siino, uno che di appalti se ne intendeva, tanto da meritarsi l’appellativo di ‘ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra’, di lui diceva che era un “imprenditore del sistema”, oltre a indicarlo come correggente della famiglia mafiosa di Castronovo di Sicilia.

Biancorosso, alla luce delle condanne e delle interdizioni, non poteva fare l’imprenditore, ma avrebbe aggirato i divieti passando la mano alla figlia. Nel settembre 2016 i carabinieri sentono Onorato. Alla gara d’appalto per il servizio di trasporto degli alunni sono state invitate sette ditte, ma solo due hanno presentato un’offerta. Una è la BBBiaggi srl di Bruna Biancorosso, figlia di Antonino Biancorosso, che però non si era aggiudica il servizio. All’apertura delle buste, infatti, era stata una ditta di San Giovanni Gemini a presentare l’offerta più bassa. Alle operazioni in Comune era presente Biancorosso che non l’aveva presa bene. Urlava e sosteneva che la gara era stata truccata.

Alla vigilia dell’inizio dell’anno scolastico, il segretario comunale allertò il vincitore della gara. La risposta fu inattesa: rinunciava alla gara perché era stato minacciato da Biancorosso e aveva paura. Nella lettera ufficiale di rinuncia spedita al Comune, però, si sarebbe limitato a parlare di ”sopraggiunti motivi improrogabili di lavoro e ragioni personali e familiari”. E così subentrò la dita esclusa, quella della figlia di Biancorosso.

I telefoni finiscono tutti sotto controllo. Si scopre che, nonostante gli imprenditori rinunciatari, sono marito e moglie, neghino in realtà hanno subito minacce. Minacce iniziate l’anno prima quando erano stati costretti a sub appaltare una parte del servizio. Non solo, Biancorosso gode di alcune gole profonde dentro la macchina comunale che spifferano informazioni sugli appalti. Il risultato è la richiesta di arresti avanzata dal pubblico ministero Gaspare Spedale ed accolta dal giudice per le indagini preliminari Marcella Ferrara. Le indagini dei carabinieri del Gruppo Monreale e della compagnia di Lercara Friddi proseguono su altre gare, compresa quella bandita da un altro Comune, Casteltermini: un imprenditore si sarebbe rivolto a Biancorosso per avere la meglio sui concorrenti.


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