"Ora possiamo fare la guerra"| Dovevano morire in due - Live Sicilia

“Ora possiamo fare la guerra”| Dovevano morire in due

Il neo pentito Giovanni Vitale

Parla il pentito Giovanni Vitale che martedì 28 febbraio per la prima volta sarà presente in aula.

PALERMO - MAFIA
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PALERMO – “Quando mi ha visto mi ha abbracciato, si è messo a piangere”. E gli avrebbe detto: “Ora possiamo fare la guerra”. Giuseppe Fricano aveva grande fiducia in Giovanni Vitale. Vedeva vacillare la sua leadership nel mandamento di Resuttana e aveva bisogno di persone fidate al suo fianco. Persone pronte a tutto, anche a premere il grilletto se necessario.

Vitale ora si è pentito. Il fedele alleato di Fricano è diventato il suo principale accusatore. Il neo collaboratore di giustizia domani farà il suo esordio nella sua nuova veste nel processo Apocalisse agli imputati con cui avrebbe condiviso una lunga parentesi di vita criminale. I pm Del Bene, Luise, Picozzi e Tartaglia gli chiederanno anche di raccontare i retroscena della fibrillazione nel mandamento. Sarebbe stato Rosario Profeta di Santa Maria di Gesù, suo amico e socio in affari di droga, a dire a Vitale “vedi che c’è Giuseppe che è un poco nei guai… perché io non volevo sapere più niente, io me ne volevo uscire di tutte cose. Diciamo che allora forse se rimanevo in carcere era meglio, almeno non avevo tutte queste situazioni di qua”.

Fricano si preparava alla guerra, “doveva uccidere Gioacchino Intravaia, c’era anche che Gigetto (Luigi Siragusa)… Lucà (Vincenzo Lucà) se ne doveva andare da Palermo, Biscottino (dovrebbe essere il soprannome di Nicola Geraci) doveva prendere legnate, e insomma… quelli che si dovevano uccidere era Gigetto e Intravaia”.

Cosa fosse accaduto lo ha riferito un altro collaboratore, Giuseppe Tantillo del Borgo Vecchio. Bisognava correre ai ripari. Richiamare all’ordine il reggente del mandamento di Resuttana e allontanare i picciotti della squadra del racket. Erano “drogati” e “facevano troppo rumore”. Sarebbe toccato ad Alessandro D’Ambrogio, uomo forte della Cosa nostra palermitana tra il 2012 e il 2013, richiamare tutti all’ordine. Lo fece convocando Fricano in un autolavaggio di via Gaetano Daita, nel centro di Palermo. A protestare era soprattutto Intravaia, che a Fricano aveva conteso invano il potere. Alla fine si scelse la linea morbida. Non ci fu alcun gesto eclatante, né punizioni.

Il potere di Fricano iniziò a vacillare, nonostante la benedizione di D’Ambrogio e Mimmo Biondino di San Lorenzo. La sua gestione alla fine avrebbe scontentato tutti, tanto che l’insospettabile meccanico fu costretto a farsi da parte. In quei giorni, però, era pronto a fare la “guerra”.


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