Le lacrime di Fabrizio Miccoli:| "Ho sbagliato, ma non sono un mafioso" - Live Sicilia

Le lacrime di Fabrizio Miccoli:| “Ho sbagliato, ma non sono un mafioso”

di RICCARDO LO VERSO L'ex attaccante del Palermo piange in conferenza stampa e chiede scusa alla città: "Sono qui a prendere le mie responsabilità. Sono contro la mafia. Le amicizie? Frequentavo tutti, con sincerità. Spero che questa storia finisca al più presto". I tifosi salutano l'ex capitano.

parla il 'Romario del salento'
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PALERMO – Piange e chiede scusa. Innanzitutto per avere apostrofato un eroe – vero – dell’antimafia chiamandolo “quel fango di Falcone”. Cosa scatti nella mente, di un essere umano in generale e di Fabrizio Miccoli in particolare, per denigrare un individuo fatto a brandelli dalle bombe mafiose resta un mistero. Il calciatore del Palermo sul punto non risponde. E neppure sulla sua lunga scia di amicizie discutibili: il figlio del boss Antonino Lauricella, il nipote di Matteo Messina Denaro (sono entrambi incensurati ndr), Nicola Milano, che gli investigatori avrebbero poi descritto come il capomafia della cosca di Palermo Centro, Luigi Giardina, cognato del latitante Gianni Nicchi e di recente condannato per favoreggiamento.

Miccoli vorrebbe rispondere, punto per punto, ma il suo avvocato, Francesco Caliandro, lo stoppa. Comprensibili ragioni di opportunità: “Su questi temi non rispondiamo. Abbiamo un impegno di lealtà con chi svolge le indagini. È un capitolo copioso, vorremmo spiegare la nostra tesi anche nel nostro interesse. Ma oggi non possiamo rispondere. Avremo modo di chiarire tutto in seguito”. All’affollatissima conferenza stampa convocata all’Hotel Excelsior Miccoli arriva in giacca grigia. Ha abbandonato i pinocchietti a la t-shirt che indossava ieri durante il lunghissimo interrogatorio in Procura, dove si è difeso dalle accuse di estorsione (si sarebbe rivolto all’amico Mauro Lauricella, figlio del boss Antonino, per recuperare alcune somme di denaro) e accesso abusivo ad un sistema informatico per via di alcune schede telefoniche intestate a ignari clienti.

“Umanamente convincente”, lo definivano ieri in Procura dopo quattro ore di domande. E la stessa impressione che suscita il pianto di Miccoli davanti a fotografi, operatori e cronisti. Un’altra cosa, però, sono le ipotesi di reato. I comportamenti penalmente rilevanti. E la conferenza stampa non è il luogo adatto per discuterne. “Sono tre giorni che non dormo – spiega subito il calciatore -. Sono uscite cose in cui non c’entro nulla. L’ho dimostrato nei fatti. Nel ventesimo anniversario della morte di Giovanni Falcone ero in campo per lui”. Poi, le parole che tutti si aspettano: “Chiedo scusa a tutta la città di Palermo. Alla mia famiglia che mi ha fatto crescere in un contesto di valori e rispetto. Sono vent’anni che faccio questo lavoro, sono andato via da casa quando ne avevo dodici, sono un padre di famiglia. Sono un calciatore e non un mafioso. Sono contrari a tutti i pensieri della mafia”.

Poi inizia a recitare il mea culpa sul suo stesso modo di vivere: “Sono stato amico spontaneo di tutti senza sapere a cosa andavo incontro. Non voglio chiedere oggi perdono. Spero che mi possiate perdonare in futuro, spero che mi sia data la possibilità di farmi perdonare, di partecipare come testimonial delle associazioni della signora Falcone. Avevo già contatto la signora che mi ha detto delle bellissime parole, che bastava chiedere scusa alla città. Spero che mi dia la possibilità di farlo con i fatti”. Pochi cenni sull’interrogatorio di ieri. Secondo Miccoli “sono state cinque ore importanti. Sono uscito sereno. È uscito un altro Fabrizio. Prenderò le cose positive della vita, devo mettere da parte le sciocchezze, devo essere più egoista e pensare alla vita vera, a mia moglie e ai mie figli. Non sono preoccupato dei risvolti penali dopo l’interrogatorio. Anzi, sono contento che sia stato chiamato. Speravo che mi chiamassero prima. Sul mio lavoro non temo niente, prenderò ciò che viene e deciderò con calma. È importante che questa storia finisca il prima possibile”.

Alla voce sciocchezze, con tutta probabilità, Miccoli inserisce le sue tanto chiacchierate amicizie. E lo ribadisce quando un cronista gli chiede se vuole fare un appello ai giovani: “Voglio diventare un personaggio positivo. Se ho sbagliato è accaduto perché in questi sei anni ho cercato di essere non Miccoli capitano del Palermo ma semplicemente Fabrizio, cercando negli altri amicizia. Ho frequentato tantissime persone. C’era gente che non aveva i soldi per pagare la luce, per mangiare, bussava alla porta di casa e io sono stato sempre vicino a tutti, per essere uno di voi. Oggi capisco che ho sbagliato, ma ho la coscienza a posto. Dimostrerò con i fatti che non sono un mafioso, ma sono contro la mafia. Andavo a caccia con un poliziotto, a pesca con gli uomini della Digos. Ho frequentato tutti. Se ho sbagliato l’ho fatto perché cercavo amicizie vere. Non avevo bisogno di altre cose”.

Ed è ora che Miccoli spiega anche un’altra frase “infelice”, quella detta a Francesco Guttadauro, giovane e incensurato nipote di Matteo Messina Denaro: “Non venire al campo, ci sono sbirri nuovi”. “Il tenente Onorato (dove si allena il Palermo calcio e luogo da cui L’amico Guttadauro avrebbe dovuto tenersi alla larga ndr) racconta l’ex capitano del Palermo – è un campo militare. Non tutti possono entrare. Ho sbagliato a dire la parola sbirro. Tante volte però ho detto anche al marito della tata di mio figlio di non venire al campo”.

Nell’ultima parte della conferenza Miccoli tocca temi sportivi, che nulla hanno a che vedere con le inchieste. Parla di Zamparini: 2Quest’anno abbiamo fatto come moglie e marito. Se parlavano di più era meglio. Io avevo bisogno di lui è luì di me. Dopo sei anni non posso che ringraziarlo per avermi dato la possibilità di giocare a Palermo. Mi sarei aspettato un futuro diverso, come diceva Zamparini, di finire qua la mia carriera. È andata diversamente, devo rispettare le sue idee”. Si commuove fino a singhiozzare quando gli chiedono il ricordo più bello dei suoi anni trascorsi a Palermo. “Non dimenticherò mai la partita con la Sampdoria (dopo quella partita sfumò il sogno Champions dei rosanero bndr), la finale di Coppa Italia. Tutti i gol, uno per uno”. E già, copiose, le lacrime. Infine, quando il suo avvocato inizia a salutare, Miccoli chiede di potere dire l’ultima frase: “Ho sentito Gattuso (Rino Gattuso, neo allenatore del Palermo ndr). Siamo amici da tempo. È una persona eccezionale. Gli auguro che possa portare il Palermo di nuovo in serie A, dove questa città merita di stare”. Se lo augurano tutti i tifosi. Una speranza accompagnata da un certezza: per il Palermo calcio Miccoli fa parte del passato.


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