La mafia e gli affari del gas | Brancato, nuovo sequestro - Live Sicilia

La mafia e gli affari del gas | Brancato, nuovo sequestro

Scovati in una banca di Palermo altri tre conti correnti intestati a Maria D'Anna, Antonella e Monia Brancato. C'erano sette milioni e mezzo di euro. Farebbero parte del tesoro accumulato con gli affari del gas "sponsorizzati" dalla mafia e da Vito Ciancimino.

PALERMO – Li hanno scovati passando di nuovo al setaccio il patrimonio della famiglia Brancato. Dal nuovo screening sono saltati fuori tre conti conti correnti intestati a Maria D’Anna e alle figlie Monia e Antonella Brancato.

In una filiale palermitana dell’Unicredit c’erano oltre sette milioni e mezzo di euro. Così suddivisi: due milioni e 776 mila euro a nome di Antonella, una delle figlie di Ezio Brancato; 2 milioni e 554 mila euro ciascuno a nome di Monia Brancato, l’altra figlia, e della moglie del funzionario regionale, oggi deceduto, che alla fine degli anni Ottanta si mise in affari con il gas.

Affari targati don Vito Ciancimino, secondo l’accusa. Da qui il sequestro disposto alcuni giorni fa dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale che ha accolto la ricostruzione del pubblico ministero Dario Scaletta. Ora il nuovo provevdimento, eseguito ancora una volta dal nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Palermo. I sette milioni trovati oggi fanno lievitare a 55 milioni il valore del patrimonio sottratto, al momento, agli eredi di Ezio Brancato.

Nel 1981 nasceva la Gasdotti Azienda Siciliana fondata da due gruppi imprenditoriali. Uno faceva capo al tributarista Gianni Lapis. L’altro ad Ezio Brancato. Grazie all’appoggio di Cosa nostra l’azienda ottenne il via libera per realizzare la rete e la concessione per distribuire il metano in settantaquattro comuni fra Sicilia e Abruzzo. Nel 2004, prima di essere venduta per 115 milioni di euro agli spagnoli della Gas Natural, la società era diventata un colosso del settore.

Lapis, di recente tornato in carcere per una presunta ma colossale storia di riciclaggio, era la mente economica di don Vito Ciancimino. L’accusa di intestazione fittizia di beni che gli veniva contestata venne dichiarata prescritta nel 2011, ma la Cassazione lo condannò a due anni e otto mesi per tentata estorsione. Dalle indagini era venuto a galla il passaggio di circa 5 milioni di euro transitati dal conto di Ezio Brancato a quello della figlia di Lapis. E da qui in quello svizzero denominato “Mignon” nella disponibilità di Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito.

Secondo l’accusa che ha portato ora al sequestro, anche Ezio Brancato sarebbe stato in affari sporchi con don Vito Ciancimino. L’indagine si è così estesa alle operazioni di cessione dell’intero pacchetto azionario della Gas e del patrimonio delle società. Le vendita agli spagnoli avrebbe permesso agli eredi dell’imprenditore di ”ripulire” i proventi ottenuti grazie all’appoggio di Cosa Nostra nella costituzione di nuove società, nell’avvio di attività commerciali e nell’acquisto di beni immobili a Palermo e nella provincia di Sassari, tra appartamenti, ville e case di lusso.

Sono i beni finiti sotto sequestro, a cui adesso vanno aggiunti 6 milioni di euro. Totale: 55 milioni di euro

 


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