Sigilli al tesoro di Massimino |Sequestrato patrimonio milionario - Live Sicilia

Sigilli al tesoro di Massimino |Sequestrato patrimonio milionario

La misura si fonda sulle indagini dell'inchiesta Iblis. Santo Massimino - secondo la ricostruzione dell'accusa - avrebbe messo a disposizione della famiglia Santapaola Ercolano le sue attività imprenditoriali.

L'inchiesta
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CATANIA – I Carabinieri del Ros e quelli del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro dei beni emesso dal Tribunale di Catania – Quarta Sezione Penale (e reso esecutivo con sentenza della Corte di Cassazione del 09.03.2015) nei confronti di Santo Massimino, tratto in arresto nell’ambito dell’indagine Iblis del 2010 e condannato in primo grado alla pena di 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, favorendo la famiglia Santapaola-Ercolano.

Il provvedimento, che si fonda sulle emergenze investigative provenienti dalle attività condotte dal Ros, è sorretto dagli esiti dell’indagine Iblis, svolta dalla Sezione Anticrimine di Catania in direzione delle famiglie di Catania, Ramacca e Caltagirone, che ha permesso di raccogliere decisivi elementi probatori sull’evoluzione di Cosa Nostra.

Da queste indagini, infatti, è emerso che Massimino concorreva nella famiglia di Cosa Nostra catanese quale imprenditore che metteva a disposizione di detto sodalizio la sua attività imprenditoriale, in stretta connessione con l’allora rappresentante provinciale  Vincenzo Aiello ed altri affiliati mafiosi di rango, partecipando alla distribuzione di lavori controllati direttamente o indirettamente dall’organizzazione criminale a cui versava anche delle somme di denaro e permettendo ad imprese mafiose od a disposizione della medesima associazione di partecipare alle attività economiche intraprese, così, da un lato ponendo e mantenendo le sue imprese nel mercato in violazione delle regole della libera concorrenza e dall’altro apportando un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento e, comunque, della realizzazione anche parziale del programma criminoso di Cosa Nostra etnea.

Come si diceva, grazie alle attività d’indagine svolte è in particolare emerso il  rapporto esistente tra Massimino e Enzo Aiello. Massimino, infatti, pur pagando la messa a posto ad Aiello per i lavori effettuati tramite le sue imprese, sfruttava il legame che aveva con questo ultimo per accaparrarsi dei lavori, adoperandosi altresì fattivamente per mettere in contatto altri imprenditori con Aiello che, in questa maniera, con il prezioso supporto del primo, riusciva ad inserirsi in rilevanti vicende imprenditoriali che, inevitabilmente, venivano inquinate.

Prove dei vantaggi che Massimino otteneva grazie alla sua vicinanza a Cosa Nostra si ottenevano anche grazie al monitoraggio di un summit avvenuto presso la proprietà rurale del geologo – mafioso Giovanni Barbagallo, allorquando Vincenzo Aiello, parlando di attività imprenditoriali poste sotto il controllo della famiglia catanese, faceva riferimento ad alcune difficoltà a cui stava andando incontro Santo Massimino il quale, secondo Aiello, aveva ottenuto grazie alla sua intercessione un lavoro relativo alla realizzazione di un parco commerciale sito allo svincolo di Gravina di Catania.

Aiello, infatti, affermando che in quella stessa serata doveva incontrare Massimino con il quale aveva fissato un appuntamento su richiesta di questo ultimo, precisava che, nell’ultimo periodo, aveva notato presso il cantiere del citato parco le gru di Salvatore Conti e, pertanto, voleva verificare lo stato delle cose, ipotizzando che detta situazione era imputabile alla condotta posta in essere da Vincenzo Basilotta, soggetto questo ultimo con cui Aiello era precedentemente entrato in contrasto per dinamiche attinenti il controllo mafioso di attività imprenditoriali.

L’interessamento di Aiello a favore di Massimino dava evidentemente gli esiti sperati per l’imprenditore i cui mezzi venivano nuovamente notati all’opera in detto cantiere, nel corso di un sopralluogo effettuato successivamente dal ROS.

Sembra infine opportuno rammentare che proprio il controllo di Massimino da parte di Cosa Nostra, che evidentemente traeva dei rilevanti vantaggi economici da tale attività, è stato uno degli aspetti che hanno contribuito al deteriorarsi dei rapporti tra Aiello e Angelo Santapaola; questo ultimo, infatti, all’epoca considerato reggente operativo della famiglia mafiosa di Catania, non aveva gradito che il controllo dell’imprenditore era passato ad Aiello e proprio tale argomento veniva affrontato tra i due uomini d’onore nel corso di uno scontro avvenuto la sera del 22.09.2007, alla presenza di Natale Filloramo.

Come si ricorderà, Angelo Santapaola ed il suo braccio destro  Nicola Sedici venivano poi uccisi il 26.09.2007 da altri esponenti della medesima associazione mafiosa e, in relazione a quanto emerso in esito alla indagine Iblis su tale evento, il 25.03.2014 i Giudici della locale Corte di Assise hanno condannato Vincenzo Aiello alla pena dell’ergastolo e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici, perché ritenuto responsabile del duplice omicidio in parola, e Salvatore Di Bennardo alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione per favoreggiamento aggravato nel delitto.

Il valore delle 6 aziende oggetto del sequestro, attive nel settore della edilizia e nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili, è pari a circa 26 milioni di euro.

 


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