CATANIA – Non solo Matteo Renzi. Nella giornata del presidente del Consiglio alle falde dell’Etna, un’altro segmento del governo nazionale si è affacciato a Catania. Mario Giro, viceministro agli Affari Esteri e alla Cooperazione internazionale, nonché colonna storica della Comunità di Sant’Egidio, ha parlato stamani alla Link Campus University di accoglienza e corridoi umanitari. Temi urgenti, che fanno al paio all’altro avvenimento mondiale di questa settimana: la vittoria repubblicana nella corsa alla Casa Bianca.
Viceministro, con l’elezione di Donald Trump, guardando soprattutto al versante migrazioni e ai conflitti nell’area del Mediterraneo, cosa cambierà per la Sicilia?
“Credo nulla. L’Italia ha un’alleanza talmente forte con gli Stati Uniti che chiunque governi essa resta ferma. Ci sono dei rapporti troppo profondi per cambiare. Pensiamo alla grande presenza di italo-americani nell’amministrazione statunitense, alle basi che ci sono qui. Insomma, c’è una storia di mezzo”.
Questo guardando all’Italia, ma dal punto di vista Usa?
“Qualcosa potrà cambiare per loro. Trump ha in mente un piano d’investimenti molto grande, vediamo ora se il settore privato lo seguirà. Potrebbe esserci un cambiamento significativo con Mosca e ciò potrebbe significare un soluzione più vicina per la crisi siriana. E di questo ne saremo soddisfatti. Sarebbe una buona notizia”.
Che ruolo dovrà avere Sigonella nelle crisi internazionali?
“Al momento non ne vedo altre all’orizzonte. Con quelle che già ci sono, abbiamo tanto da fare”.
La sede di Frontex è stata inaugurata a Catania lo scorso aprile. Da allora cosa è cambiato nell’agenda della gestione del fenomeno immigrazione?
“Sicuramente l’Europa è più sensibile ai nostri discorsi. Devo dire che si discute delle due nostre proposte, Immigration compact e corridoi umanitari. Sono le uniche sul tavolo, oltre a quella sulla difesa comune. Lo avete appreso anche dai giornali: non si discute di nient’altro”.
L’emergenza nell’emergenza è la questione dei minori non accompagnati. Cosa deve cambiare?
“Dobbiamo uscire dalla gestione dei grandi gruppi, assemblando centinaia di persone nei medesimi posti. Lo vediamo a Mineo: ci sono più persone al Cara che nella cittadina. Questo non può funzionare. La ridistribuzione già fatta a livello regionale deve essere accompagna ad una eguale ridistribuzioni sui Comuni. Se noi andiamo con questo spirito adottivo, il problema si scioglie in pochi mesi”.
La vostra formazione politica, Democrazia solidale, come si sta strutturando in Sicilia?
“Per adesso stiamo lavorando tantissimo coi comitati referendari per il Sì, spiegando a tutti i cittadini siciliani che sia più utile per Sicilia se a Roma c’è un governo capace di decidere più in fretta, che sia più forte. I dati dimostrano che negli ultimi anni la divergenza tra le Regioni sia aumentata anziché diminuire. Al Pd, inoltre, chiediamo un maggior dialogo sui nostri comuni interessi, quelli cioè sulla politica sociale e la lotta alle diseguaglianze. La Sicilia ha poi bisogno di un nuovo sistema di trasporti”.
Ecco, lei è per il Ponte sullo Stretto?
“Sono d’accordo se al Ponte si aggiungono quelle autostrade e ferrovie che servono alla Sicilia. Non possiamo arrivare a Messina e trovare un collo di bottiglia. Ci vuole l’alta velocità tra Palermo-Messina, Catania-Messina, Catania-Palermo. Come minimo”.
Superato lo snodo referendario si entrerà nella campagna per le Regionali. Sosterrete un Crocetta-Bis?
“Queste sono decisioni che prenderà il partito di maggioranza. Non possiamo avere l’arroganza di dire chi deve guidare la Regione. Noi speriamo che non ci siano divisioni e che si possa fare una campagna sui contenuti”.