Decapitata cosca di Marsala| Un pm nel mirino dei boss - Live Sicilia

Decapitata cosca di Marsala| Un pm nel mirino dei boss

Erano tornati al loro posto dopo essere stati scarcerati e a seguito di una 'vacatio' nel territorio. Per Vito Vincenzo Rallo, Francesco Giuseppe Raia, Maurizio Bilardello, Giuseppe Gaspare De Vita, Francesco Messina e Dario Cascio le accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e detenzione di armi. La famiglia "ricostituita" avrebbe avuto la benedizione di Matteo Messina Denaro. Un fucile di precisione per uccidere il pm Roberto Piscitello
Mafia, sei arresti di polizia e carabinieri
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Sgominata la famiglia mafiosa di Marsala, nel Trapanese. Un’azione congiunta della squadra mobile e del nucleo investigativo del comando dei carabinieri di Trapani, con la collaborazione del commissariato di Marsala, ha portato all’arresto di sei presunti componenti del clan di Cosa nostra operante nel territorio. Si tratta, per lo più, di persone già note alle forze dell’ordine perché già in passato coinvolte in inchieste antimafia.

In manette sono finiti Vito Vincenzo Rallo, 49 anni, fratello di Antonino Rallo (ergastolano latitante catturato l’11 ottobre 2007) considerato il “reggente” della famiglia; Francesco Giuseppe Raia, 41 anni, figlio di Gaspare Raia (uomo d’onore condannato all’ergastolo) ritenuto il ‘capo decina’ della cosca; Maurizio Bilardello, 39 anni, figlio naturale di Gaspare Raia; Giuseppe Gaspare De Vita, 36 anni; Francesco Messina, 44 anni; Dario Cascio, 28 anni. Sono tutti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e detenzione di armi. Le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto alla Dda di Palermo, Teresa Principato, e dai sostituti Marzia Sabella e Carlo Marzella.

La ricostituzione della ‘famiglia’
“Mi chiede un favore su Marsala per la Vetro Sud, purtroppo non posso aiutarla perché al momento non abbiamo più a nessuno, sono tutti dentro, pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi, non c’è più a chi metterci”. A scrivere queste parole in un ‘pizzino’ indirizzato al padrino corleonese Bernardo Provenzano, è Matteo Messina Denaro nel febbraio del 2004. Diverse operazioni di polizia giudiziaria avevano di fatto azzerato la cosca marsalese. E Messina Denaro, latitante dal 1993, comunicava che c’era “solo da aspettare nella speranza che esca qualcuno che ha cose più leggere e per potere riprendere tutti i discorsi”. E proprio come il superlatitante auspicava, la famiglia comincia a riformarsi man mano che i suoi componenti cominciano a lasciare le patrie galere. Già nei primi mesi del 2007 esce Vito Vincenzo Rallo e Francesco Giuseppe Raia. Così, alla cattura del latitante Antonino Rallo, l’11 ottobre 2007, gli succede il fratello Vito (scarcerato il 23 luglio 2007) che avrebbe assunto la carica di ‘reggente’ della famiglia di Marsala con la ‘benedizione’ di Matteo Messina Denaro. Nello stesso tempo, l’1 giugno 2007, veniva scarcerato Francesco Giuseppe Raia che si sarebbe posto alle dipendenze di Rallo, coadiuvato dal fratellastro Maurizio Bilardello. Il loro compito sarebbe stato di riprende in mano il settore delle estorsioni dopo un periodo di ‘vacatio’ in cui gli operatori commerciali non sapevano a chi pagare e, di contro, non avevano più ricevuto richieste di pizzo.

I contrasti
Appena risorta la famiglia comincia ad avere conflitti al suo interno. Gaspare Raia, padre di Francesco Giuseppe Raia e Maurizio Bilardello, non gradiva la posizione di vertice attribuita a Rallo. Secondo l’ergastolano, infatti, i fratelli Rallo avevano sottratto ‘fondi’ alla cassa di famiglia, sottraendoli, così, al mantenimento delle famiglie dei carcerati. Per questa ragione consigliò ai suoi figli di prestare attenzione affinché non si verificasse più. Così la gestione e la cassa delle estorsioni passa in mano ai due fratelli figli di Gaspare Raia che si sarebbero dati da fare per recuperare i crediti vantati dalla famiglia.

L’estorsione all’Eurofish
Sono diverse le vicende estorsive ricostruite dagli inquirenti, in particolare quella ai danni della Eurofish di Andrea Piccione. La ditta è citata in un pizzino sequestrato ai Lo Piccolo al momento del loro arresto. Le intercettazioni all’interno dell’azienda hanno svelato come il titolare aveva continuato a versare il pizzo ad Antonino Rallo ma che questi aveva arbitrariamente trattenuto le somme di denaro. Francesco Giuseppe Raia lo avrebbe allora assicurato che le cose erano cambiate e che lui stesso aveva istituito una cassa comune per evitare la dispersione di denaro. L’imprenditore avrebbe pagato il pizzo in due tranche da 5 mila euro ciascuno nelle mani di Francesco Messina e in quelle dello stesso Raia.

Il controllo del territorio
Sono diversi gli episodi che hanno portato all’emissione delle ordinanze di custodia cautelare per i presunti appartenenti alla famiglia di Marsala. Giuseppe De Vita avrebbe fatto recuperare due scooter rubati al nipote dei boss Bonafede e al figlio di Francesco Gerardi. Allo stesso modo avrebbe ritrovato le armi sottratte a casa di Giuseppe Baldino. Ancora De Vita sarebbe intervenuto per bloccare un tentativo di estorsione ‘non autorizzata’. Raia e Bilardello si erano interessati per l’affitto di un fondo da destinare al parcheggio. Il titolare, probabilmente non conoscendo la caratura criminale dei soggetti, pretendeva un affitto molto oneroso, pregiudicando l’esito dell’affare. Così Francesco Raia diceva al fratellastro che avrebbe fatto incendiare le proprietà del titolare del fondo. Infine, a disposizione di Raia e Bilardello, ci sarebbero state delle armi: un fucile e una pistola. Affidate a persona fidata, Raia avrebbe dovuto attendere un paio di giorni in caso gli fossero servite. Giusto il tempo di consentire alla persona di recuperarle.

Il piano per uccidere il pm
Proprio quelle armi, fra cui un fucile di precisione, secondo gli inquirenti, sarebbero servite a eliminare il pm della Dda di Palermo Roberto Piscitello, ora capo di gabinetto vicario del ministero della Giustizia, da anni impegnato nelle indagini sulla mafia trapanese.


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