PALERMO – Operazione Sisma. Aprile 2011. I carabinieri arrestano i pezzi grossi della mafia di Misilmeri. È il giorno in cui Antonino Messicati Vitale si dà alla latitanza. È anche il giorno, però, in cui i militari del Nucleo investigativo trovano le tracce che risulteranno decisive per la sua cattura.
Nel corso di una perquisizione nella casa di Portella di Mare, dove Messicati Vitale viveva con la madre e la sorella, i militari trovano un video. Si vede il latitante seduto al tavolo di un club ristorante. Un’allegria compagnia che mangia accompagnato dalla musica. Messicati Vitale fa pure una richiesta al violinista e al tastierista che allietano i clienti. Vuole sentire la colonna sonora del film Il Padrino e viene accontentato. Non c’è solo il video, ma pure le fotografie di un lussuoso albergo con una piscina dalla forma insolita e con tanto di giardino al centro. L’hotel si trova certamente in una località esotica, ma non è possibile localizzarla.
Il giorno del blitz Sisma avviene un’altra circostanza decisiva per le indagini. A Punta Raisi atterra il fratello di Tonino Messicati Vitale, Fabio, con i familiari. È superfluo dire che gli uomini del Nucleo Investigativo del maggiore Antonio Coppola gli stessero dietro come i segugi. I parenti del latitanti fanno rientro da Bali, in Indonesia. Si torna così ad analizzare la fotografia della piscina e si stringe il campo delle ricerche nella rinomata località turistica indonesiana. L’occhio attento degli investigatori passa al setaccio le immagini di decine di siti internet. E scova la piscina. Si trova nell’hotel Puri Puri Kecil in località Basangkasa Kuta. Da allora è diventata una delle zone più sorvegliate al mondo.
I carabinieri del Reparto operativo di Palermo, guidato dal colonnello Salvatore Altavilla, dirigono la polizia locale e i poliziotti del Servizio per la cooperazione internazionale di Roma. Messicati Vitale se la spassa nei migliori locali, vive in un lussuoso mini appartamento, non bada a spese e si rilassa in spiaggia leggendo i best seller di Dan Brown.
E arriviamo alla scorsa notte. Antonino Messicati Vitale viene sorpreso a letto. Non oppone alcuna resistenza, circondato com’è. Finisce la latitanza del quarantenne boss con un curriculum di tutto rispetto, a discapito della giovane età. Capomafia di Villabate, erede dei boss che avevano firmato un patto d’onore con Bernardo Provenzano, dieci anni di carcere alle spalle e una latitanza di pochi mesi. Messicati Vitale è rimasto più di duecento giorni lontano dalla Sicilia ma con la testa e il cuore nell’Isola. Gli affari e i familiari lo hanno tenuto ancorato alla sua Villabate e lo hanno di fatto tradito. E addio belle macchine, bei locali e belle donne. D’altra parte i soldi per lui non sono mai stati un problema. Dalle indagini recenti è emersa la sua disponibilità di fiumi di denaro – e in contanti – che ne hanno accresciuto il prestigio in Cosa nostra, come hanno ricostruito le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Lia Sava, Marzia Sabella e Nino Di Matteo.
Messicati Vitale è un cognome storico in Cosa nostra. Il padre Pietro, condannato al primo maxi processo alle cosche, fu crivellato di colpi vicino la sua abitazione a Capo Zafferano, fra Aspra e Porticello. Tonino ha trascorso dieci anni in galera. Poteva andargli peggio visto che al processo cadde l’accusa di omicidio. Sono, però, i soldi la chiave del suo successo. Soldi che lo avrebbero condotto prima in Sud Africa e poi in Indonesia. Non è stato né il primo né l’ultimo mafioso a spingersi nel Sud est asiatico. Da mesi i militari monitorano strani movimenti di uomini e denaro verso paesi che sono diventati il buen retiro di diversi esponenti mafiosi. Anche di alcuni personaggi che hanno saldato il conto con la giustizia. Nel video della serata al ristorante, quello in cui suonano le note de il Padrino su richiesta del latitante, di spalle si vede la faccia di un un uomo con i capelli bianchi. È Gaetano Tinnirello, condannato nel primo maxi processo alla mafia, e nome storico nel clan di Corso dei Mille. E non è l’unico cognome che conta scovato in Indonesia.
Qual è la rete di interessi che ha portato Messicati Vitale a Bali? Chi sono i suoi uomini fidati? Le risposte probabilmente arriveranno dall’analisi del computer e dei telefonini che il latitante teneva con sé nel residence al momento dell’arresto. Così come da alcuni documenti. A cominciare da quelli di identità. Per le autorità indonesiane Messicati Vitale era un tranquillo turista sardo. Adesso si dovrà capire come riportarlo in Italia. Se si seguirà la scontata, ma più lenta, procedura di estradizione. Oppure quella più veloce dell’espulsione.