Messina Denaro: "Un traditore? Ho fatto un errore. Altri covi?Ovvio"

Messina Denaro: “Un traditore? Ho fatto un solo errore. Altri covi? Ovvio”

E parla di Salvatore Lo Piccolo e Bernardo Provenzano

PALERMO – L’ipotesi che qualcuno lo avesse tradito deve avergli tolto il sonno per giorni. È stata una delle prime cose che Matteo Messina Denaro ha chiarito con i magistrati di Palermo nell’interrogatorio del 7 luglio scorso depositato al processo che vede imputata la maestra Laura Bonafede.

“Non c’è stato un traditore”

“Con la mia mente ho ricostruito come è stato tutto il discorso: so che non c’è stato nessun traditore“, ha tagliato corto. Poi ha spiegato come era arrivato a questa conclusione: “La mattina che mi hanno arrestato ovviamente la prima cosa che uno pensa qual è che qualcuno ha tradito, è stato tradito Gesù Cristo… ho letto le carte ed oltre a leggere le carte mi sono fatto pure una logica che non lo sapeva nessuno di questo male, a parte le persone interessate cioè io, Andrea Bonafede, quello senza capelli, e solo se era pazzo si poteva mettere a dirlo perché capiva che potevo essere arrestato”.

“Mia sorella è come se fossi io”

Lo sapeva una terza persona – “Gliel’ho detto a questa mia sorella” – ma il sospetto che Rosalia Messina Denaro lo avesse tradito non lo ha sfiorato neppure per un istante: “… mia sorella è lo stesso che essere io perché se non abbiamo fiducia in ciascuno di noi… non voglio sminuire il loro lavoro (dei carabinieri del Ros ndr). Il punto è che io mi sono seduto in macchina ed ho capito subito che per me era finita perché già per essere voi alla Maddalena avevate tutto di me fotografie, nome, dove andavo prima… a meno che non me ne andavo in un altro luogo che voi non sapevate”.

“Altri luoghi? Ovvio, ma non sono scemo”

In questo passaggio Messina Denaro ha fatto un chiaro riferimento al fatto che esistono altri luoghi segreti dove si rifugiava e dove è ipotizzabile che abbia conservato il suo archivio segreto: “Ma io, secondo lei, uno che è nelle mie condizioni ha un posto solo? È ovvio (che ne esistono altri ndr), non intendo risponderle a questo aspetto, sono stato sfortunato per la malattia ma essere scemo totale”.

Li conosce qualcun altro questi posti? “Senta una cosa, quando si vive come vivevo io, poi ognuno la latitanza se la gestisce nel modo che più ritiene opportuno, però ci sono delle strategie se no non hai dove andare. Se lei non è un professionista si stia a casa… mi avete preso per la malattia e per un errore mio dirlo a mia sorella”.

Un errore calcolato: “… perché non volevo farmi trovare morto e nessuno in famiglia sapeva niente che senso ha? Allora per tenermi riservato che cosa faccio? lo dico soltanto a una persona in modo che sapesse che potesse essere questione di tempo che senso ha leggere il giornale viene trovato morto?”.

“Sono un professionista”

Messina Denaro ha spiegato cosa intendesse dire per “professionista”: “Non cercavo mai a Campobello il mafioso nei dintorni perché sarei stato uno scemo, io devo trovare persone al di fuori del contesto mafioso se voglio durare, io devo cercare gente che nella società è meno di nessuno”. Quando i pm di Palermo gli hanno ricordato dei suoi contatti, anche tramite pizzini, con i boss Vito Gondola, Michele Gucciardi, Pietro Giambalvo, il padrino ha risposto: “Non mi sono mai visto con queste persone… io non ho mischiato la malattia con la mafiosità perché non spuntavo da nessuna parte appena le mischiavo”.

Ci sono anche le lettere che si scambiava con altri boss: “Io non è che ero per esempio da Lo Piccolo (Salvatore Lo Piccolo, boss di San Lorenzo ndr) o nemmeno da Provenzano (Bernardo Provenzano ndr), ci dialogavo, però io non sono nella zona del paese (dove si nascondevano ndr)”.

E durante la latitanza a chi si è rivolto? “No dai cioè devo dire a chi rivolgersi? La prego non mi faccia ridere… mi crea dolore. Non è che le mie amicizie iniziano e finiscono solo nel mondo che considerate voi mafioso, non è così”.


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