PALERMO – Fabrizio Miccoli chiede di lasciare il carcere per scontare la pena ai lavori socialmente utili. L’ex calciatore di Palermo, Juventus, Lecce e Benfica ha presentato un’istanza al Tribunale di sorveglianza di Rovigo tramite l’avvocato Antonio Savoia, città dove ha sede il carcere dove si è consegnato lo scorso novembre quando è divenuta definitiva la condanna tre anni e sei mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Si tratta di un tentativo che però si scontra con il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Un reato ostativo che impedisce la concessione del beneficio della detenzione alternativa al carcere. Il Tribunale deve ancora fissare l’udienza.
In giudicato è passata la ricostruzione della Procura di Palermo, secondo cui Miccoli chiese a Mauro Lauricella (pure lui in carcere per scontare una pena definitiva), figlio del boss della Kalsa e suo grande amico, di recuperare ventimila euro che l’imprenditore Andrea Graffagnini doveva al’ex fisioterapista del Palermo Giorgio Gasparini.
E Lauricella si attivò con metodi mafiosi. In alcune sue conversazioni intercettate diceva addirittura di avere avuto il via libera dai pezzi grossi della mafia di Porta Nuova. Gente come Nicola Milano e Tommaso Di Giovanni. Pure il padre, Antonino Lauricella, detto lo “Scintillone”, ne sarebbe stato informato.
Miccoli, scrivevano i giudici, affidò “a taluni soggetti e in particolare a Lauricella, la soluzione di alcuni problemi, propri o di altre persone”.
L’ex calciatore non negò di averlo fatto, ma respinse l’ipotesi che fosse stata un’estorsione e per giunta aggravata dal metodo mafioso. Sapeva che il padre di Mauro Lauricella era un mafioso, ma si rivolse a lui in quanto amico e non perché, essendo figlio di un boss, avrebbe potuto risolvere, a modo suo, la questione dei soldi.
Si tratta dello stesso motivo per cui cui all’inizio la stessa Procura chiese l’archiviazione dell’inchiesta. Le valutazioni sono cambiate nel corso dei processi in primo grado, appello e Cassazione.