PALERMO – All’Istituto autonomo case popolari i conti non tornano. Negli ultimi anni sono state pagate parcelle per 400 mila euro ad avvocati esterni incaricati di fare valere in giudizio i diritti dell’ente, “ma non è stata recuperata alcuna morosità”. Più che una morosità, è una voragine.
Alla voce uscite vanno aggiunte le spese per le due sezioni interne dedicate agli affari legali – dallo scorso maggio una è stata soppressa – che dal 2014 ad oggi sono costate all’ente un milione e 450 mila euro di stipendi. Ci sono poi 150 mila euro di compensi aggiuntivi previsti per contratto. Le sentenze patrocinate dai legali dell’istituto e chiuse con un esito favorevole sono state un’ottantina con un incasso complessivo inferiore al 20 per cento dei costi.
Di fronte a questi numeri il direttore generale Vincenzo Pupillo, con una nota di fuoco, ha chiesto al commissario straordinario Ferruccio Ferruggia la “soppressione della sezione legale di questo istituto”. “Vista l’assoluta inefficacia dell’attività giudiziaria per il recupero delle morosità” non resta che porre fine ad una “attività professionale totalmente improduttiva”. Ormai è scontro aperto fra le due parti e i toni sono piuttosto accesi.
Nell’ultimo decennio lo Iacp, visti gli impegni lavorativi degli avvocati interni, ha affidato centinaia di pratiche a professionisti esterni. Il risultato è stato nullo: zero o quasi le morosità recuperate.
A provocare la reazione di Pupillo sono stati due recenti episodi: il decreto ingiuntivo di un avvocato a cui vanno pagate parcelle per oltre 60 mila euro e la fallita transazione con l’Amap a cui l’ente deve milioni di euro per le bollette mai pagate da chi abita nelle case popolari.
I vertici dello Iacp hanno avviato un monitoraggio e hanno scoperto non solo il mancato recupero delle morosità, ma anche che l’ente non ha mai resistito alle pretese dell’Amap. Poteva costituirsi in giudizio per fare valere le proprie ragioni e non lo avrebbe fatto. Una serie di decreti ingiuntivi sono divenuti esecutivi perché non c’è stata alcuna opposizione.
Eppure secondo Pupillo e Ferruggia, si poteva fare più di qualcosa. Innanzitutto bloccare le procedure esecutive alla luce della dichiarazione di dissesto dell’ente e poi fare valere una serie di circostanze: la stragrande maggioranza delle persone che non paga l’acqua abita in case di proprietà di enti disciolti (Ina Casa, Icogap, Gescal, Incis), del Demanio dello Stato e della Regione Siciliana (ad esempio un lotto di 320 abitazioni allo Zen dove da decenni le bollette non vengono pagate). Ed ancora, altri immobili sono occupati da abusivi ed è stata la prefettura per ragioni di ordine pubblico a impedire la sospensione della fornitura di acqua.
A conti fatti lo Iacp sostiene che ci siano morosità per 86 milioni – non solo l’acqua, c’è chi non paga neppure il canone di assegnazione – a cui vanno aggiunti 4,5 milioni che il Comune di Palermo deve all’Istituto che ritiene ingiusto dovere pagare un conto salatissimo e non suo. Per tutto questo lo Iacp ha predisposto un piano di rientro per mettere i conti in ordine. Il punto è che, secondo gli attuali vertici, anche i costi per l’ufficio legale sono improduttivi. Lo scontro è aperto.