"Museo Riso, gestione trasparente | Sulla polemica deciderà la magistratura" - Live Sicilia

“Museo Riso, gestione trasparente | Sulla polemica deciderà la magistratura”

Sergio Alessandro, ex direttore del Museo Riso, dopo le polemiche dei giorni scorsi, risponde con una mail alle domande di Livesicilia.it

Il punto con Sergio Alessandro, ormai ex direttore del Museo Riso, che l’11 gennaio scorso ha comunicato la sospensione delle attività e su cui pende un procedimento disciplinare. All’indomani della presentazione della nuova programmazione Alessandro ha presentato un esposto alla Procura: “Posso solo dichiarare che abbiamo gestito questo museo con efficacia e onestà. Sono proprio questi i valori che mi permettono di portare con serenità tutti i documenti alla Procura. La magistratura valuterà e darà il proprio giudizio oggettivo sulle illazioni con cui si è cercato di giustificare il commissariamento forzato del museo e l’imposizione di una nuova governance”.

Come mai non era presente alla conferenza stampa del 21 marzo?
“Perché non sono stato invitato. Da ciò si evince che non era voluto un contraddittorio ma solo un diktat”.

Cosa l’ha portata alla decisione dell’undici gennaio? Ripercorriamo le tappe.
“Una decisione, come ho già dichiarato, presa soprattutto per “coscienza”. Esiste una responsabilità etica e culturale verso i cittadini, che non può essere accantonata in nome di lentezze, ritardi, vizi di forma e di sostanza che caratterizzano la gestione della cosa pubblica. Da mesi si attendevano notizie su questi fondi europei, circa 6 milioni di euro che dovevano servire per avviare un programma triennale, consentendoci finalmente di lavorare con una programmazione seria e un vero piano di sviluppo a lungo termine. Ma ancora a fine dicembre niente, nessuna notizia. E in più la spada di Damocle di un cantiere della Soprintendenza. Abbiamo capito, a quel punto, che questi fondi non li avrebbero sbloccati, che era impossibile programmare alcunché e che erano dietro la porta gli operai di un cantiere edile per i lavori di “ricostruzione filologica” di un pezzo di palazzo che non esiste più.

Che cosa avrei dovuto fare allora? Tenere la mostra che era in corso per altri 6 mesi coprendomi di ridicolo? Oppure chiudere il museo da ottobre in poi nell’attesa del budget? O inventarmi su due piedi degli eventi e delle mostrine veloci ed economiche sfruttando il bilancio in dodicesimi – ad oggi ancora provvisorio – giusto per tappare il buco? Oppure comprare una mostra pacchetto da qualche società di servizi e apparecchiarla allegramente? O ancora, come invece hanno fatto Campo e Missineo, prendere un pezzettino estrapolato da un ben più ampio progetto di un programma molto articolato e strutturato e tirare fuori quel nucleo di collezione, giusto per prendere tempo e riempire il vuoto?

Non è così che si gestisce un Museo. Non è così che si gestiscono i fondi della Comunità Europea. Non è così che si rispettano il pubblico e gli artisti. E non è così che abbiamo inteso questo museo. Un Museo oggi non è un cimitero che conserva qualche decina di opere, ma è un centro di produzione, un luogo di dibattito, di incontro e di sperimentazione. E per esserlo ha bisogno di fondi, di tempistiche certe, di regole, di professionalità specifiche, di certezze, di idee, di senso pratico e di adeguata progettazione. Non basta tenerlo aperto, un Museo. Occorre anche riempirlo di vita. E secondo criteri precisi.

Io non ho chiuso il Museo, non sarebbe stato nelle mie facoltà: ho solo comunicato, certamente con un gesto provocatorio e forte, la sospensione delle attività. Io, nel ruolo di direttore, ho alzato le braccia: non mi sono più sentito in grado di garantire un’attività coerente e di livello. Senza alcuna certezza sui fondi e con un cantiere imposto dalla Soprintendenza che avrebbe invaso gli spazi esterni e ostacolato la fruizione”.

L’assessore durante la conferenza stampa ha detto che mai nessuno ha bussato alla sua porta e che non gli erano state rese note le difficoltà che avevate….
“Negli ultimi mesi l’atteggiamento nei confronti del Museo, da parte dell’amministrazione, non era certo di collaborazione. Anzi. Ogni cavillo burocratico era utile a mettere i bastoni tra le ruote e a creare problemi. L’assessore dice che non ho mai chiesto aiuto, che non ho mai rilevato criticità e difficoltà? Sarei improvvisamente diventato matto quindi. Abbiamo chiesto tregua, abbiamo chiesto rassicurazione sui fondi, abbiamo chiesto di non avviare questo inutile e strano cantiere, abbiamo chiesto di accelerare i passaggi amministrativi per far camminare velocemente la macchina, abbiamo chiesto che finalmente venisse avviata la Fondazione Riso (deliberata nel 2010). Ma niente. Tutto inutile. Io non ci sto a questo modo di intendere la gestione della cultura. L’assessore dice che non c’era alcun problema politico? In questo caso, sono perfettamente d’accordo con lui”.

È stato detto che “se la Regione fosse stata un’azienda privata lei sarebbe stato licenziato in tronco”…
“Se la Regione fosse stata un’azienda privata non avrebbe mai affossato un proprio prodotto di successo. L’avrebbe semmai premiato e sostenuto. Se facessimo il gioco del “se fosse un’azienda” molti dei protagonisti di questo spettacolo non avrebbero meritato nemmeno di essere in scena.

Perché non esporre la collezione permanente?
“La collezione permanente di un museo costituisce l’identità e la “storia” del museo stesso. La collezione si forma nel tempo ed è il risultato di un progetto scientifico culturale che i direttori e curatori del museo portano avanti di anno in anno. Riso, sin dalla sua recentissima fondazione, si è caratterizzato come un museo strutturato in maniera originale, agile e soprattutto con una impostazione diversa dalle tipologie italiane e in parte internazionali. La sua specificità è stata quella di lavorare con progetti e programmazione professionali cercando di proporsi come modello e non come struttura cristallizzata. La neonata collezione di Riso, frutto di pochi anni, è nata dunque all’interno di questa cornice.

Sebbene conti circa 50 opere, e tutte di indubbia qualità, non è certamente il risultato di un processo storico né può rivelare l’identità del museo stesso. E’ come chiedere ad un bambino di mostrare la sua collezione di francobolli o di Gormiti… La collezione è anche interessante ma manca un elemento essenziale: il tempo.

La richiesta dell’assessorato di mostrare la collezione per renderla fruibile agli amanti dell’arte contemporanea (la stessa terminologia è anacronistica, giacché già Baudelaire nel 1850 aborriva la definizione di “amante dell’arte”) è, a dir poco, impropria ed è frutto di un approccio superficiale che ha il sapore e la sostanza di una operazione “tappa buchi”. E’ un vero peccato che si sia cancellato con un brutale colpo di spugna un modello culturale che aveva reso la Sicilia all’avanguardia nella ridefinizione contemporanea dell’idea e della funzione di museo contemporaneo per far posto a un triste deposito di immagini per riempire degli spazi… per gli ottocenteschi amanti dell’arte”.

Solo al Museo Riso sono stati destinati da fondi regionali 494 mila euro, mentre le altre istituzioni tra musei, parchi archeologici e gallerie d’arte in Sicilia si sono divise i restanti 460 mila euro…
“Rispondo ricordando che il museo civico d’arte moderna e contemporanea di Monaco ha come budget annuale 10 milioni di euro. Il museo di Lugano – non parlo di Londra o Parigi ma di una città che non raggiunge i 50.000 abitanti – supera i 2 milioni più i soldi degli sponsor. Se parliamo, inoltre, di acquisizioni e guardiamo il nostro Paese, un’ istituzione del Ministero come il MAXXI destina diversi milioni di euro annui soltanto per le nuove acquisizioni. Per le nuove acquisizioni, Riso, negli ultimi cinque anni non ha avuto nemmeno un euro, nonostante ci sia stata , anche in questo, una progettualità con le conseguenti proposte ufficiali di acquisizioni. Tutte le nuove opere, dopo il primo nucleo di acquisizioni del lontano 2005, sono frutto, per l’appunto, delle attività espositive condotte in questi anni da Riso e delle produzioni in residenza degli artisti. Queste argomentazioni ovviamente il nostro assessore non le affronta”.

A che punto è il suo provvedimento disciplinare?
“Se si riferisce a quell’avvio del procedimento disciplinare tanto strombazzato alla stampa, prima ancora che io, il destinatario, ne fossi a conoscenza so soltanto che ciò è stato da me rappresentato alle autorità competenti con una denuncia per diffamazione nei confronti del dirigente generale Campo. Non so quale sia il punto della situazione su questo provvedimento. Ho comunque risposto puntualmente alle contestazioni che mi sono state mosse”.

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