Niente ricchezza, soltanto cadaveri | Innocente, maledetto mare di Sicilia - Live Sicilia

Niente ricchezza, soltanto cadaveri | Innocente, maledetto mare di Sicilia

La macchina dei ragazzi di Acireale

L'ultimo incidente di Acireale al culmine di una storia che è soprattutto un elenco di tragedie.

L'amore tradito
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3 min di lettura

Maledetto mare, non hai mantenuto le promesse. Eravamo bambini, col secchiello in spiaggia o tra gli scogli e tu sembravi una visione di dolcezza del presente, di serenità del futuro.

Il mare di Aci Castello con i suoi cocci di lava accanto ai gelsomini, il canotto di Claudio che non era grande, ma ci entrava un equipaggio di ragazzini, le corse per tornare a casa, sotto il sole più smagliante.

Il mare di Isola delle Femmine, una cabina che serviva da spogliatoio o da ricovero in caso di vento, il signor Battaglia, padrone del suo lido, impeccabilmente vestito con la camicia bianca e il pantalone lungo in mezzo a una folla di avventori in costume, perché per lui, uomo schivo e serissimo, il divertimento degli altri era lavoro.

Il mare di Mondello, i tuffi di luglio all’alba, quando Palermo dorme ancora, la tonalità smeraldo che scompare alla fine di giugno, sostituita da una inquietante sfumatura giallina, per poi riapparire a settembre, il juke box che cantava Giuni Russo: “Mia madre non lo deve sapere, non lo deve sapere…”, mentre improbabili play boy in forma di Big Jim andavano a caccia. E tutti i mari che i bambini navigano, in un solo mare.

Tu, maledetto mare, ci riconsegni, ora, i corpi al posto delle benedizioni che hai ricevuto. Quei ragazzi di Acireale che erano saliti al molo per vederti. E non pensavano che potessi fargli del male: pure le onde più alte, per chi è rimasto adolescente, reclamano fragore e spettacolo, ma non uccidono. Sono stati imprudenti? Si sono fidati, come accade con un compagno di viaggio che tradisce quanto non te l’aspetti.

Un nesso infranto, questo sei, una storia d’amore rinnegata. Ti rimpiangevano in inverno, camminandoti accanto in certe sere sceneggiate apposta per la nostalgia. E l’indomani c’era sempre il compito di matematica da affrontare. E balenava l’idea folle, nelle notti in cui la mancanza si avvertiva più acuta, di aprire i rubinetti e allagare casa, fino a nuotare tra i mobili, come fanno Qui, Quo Qua, quando Zio Paperino è assente, travestiti da pirati sopra un tavolino capovolto con la bandiera nera.

E c’era ancora uno struggimento delizioso, perché ci saremmo ritrovati in un tempo troppo breve che sarebbe squagliato con gli zaini e i diari del nuovo anno scolastico esposti nelle cartolerie.

Ci hai tradito. Ti abbiamo dato sogni, ci hai restituito vittime. I ragazzi di Acireale. Orazio, onesto pescatore di Isola delle Femmine, che non è più tornato dallo specchio d’acqua a cui si era affidato per pane e companatico. I ragazzi migranti che annegano, a dispetto del commissario Montalbano, l’eroe che tiene alta la bandierina di un residuo d’umanità. E nessuno presta attenzione perché sono stati deumanizzati, nascosti da quella parola ‘migranti’ che copre le lacrime, ridotti a contabilità del macello, numeri da annotare con una alzata di spalle. Solo se affogano i bambini, l’indifferenza riesce a inventarsi, saltuariamente, una risacca di ipocrisia.

Sei l’ultimo sguardo dei morti e la dannazione dei vivi. Sei il miraggio di un’economia che non ha mai sfamato tutti i siciliani che avrebbe potuto. Sei l’occasione persa della ricchezza. Sei il pesce povero come i pescatori che non salveranno se stessi, che usciranno in barca, all’alba, atrocemente maledicendoti, stranamente amandoti. Sei la minaccia che separa e che strappa via. Sei l’illusione di chi ti credeva sincero, prima di scoprire l’inganno.

Eppure, nonostante tutto, ritorneremo da te; in certe sere, a passi lenti, di nostalgia; nei tuffi di luglio, all’alba, quando la città dorme. Ritorneremo a sperare in te, come un amico fedele, come un compagno di viaggio. Perché, nel tuo fondo, è questo che sei: lo specchio di quello che desideriamo e non riusciremo a raggiungere, il riflesso di quello che non siamo e che vogliamo, la chimera di chi rimarrà quaggiù, sognando un approdo che non c’è.

Tu non menti mai, non hai colpe, siamo noi i bugiardi per necessità che disegnano contro il tuo orizzonte un’esistenza senza dolore e non la troviamo. E lo sappiamo, anche adesso mentre ci imbarchiamo nel viaggio di un giorno ignoto che vorremmo un po’ sereno. Per questo, maledetto mare, ti malediciamo. Per questo ti amiamo, benedetto mare.

 

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