CATANIA – Aveva chiesto protezione ai Cursoti Milanesi per salvarsi dai suoi fornitori di droga che non aveva pagato e che avevano progettato di ucciderlo. Chi doveva però avere a cuore la sua incolumità, avrebbe ordinato il suo delitto per aver tradito i patti. Daniele Paratore fu assassinato il 18 aprile 2009 in via Bainsizza, a “San Berillo Nuovo”. La Squadra Mobile, dopo 4 anni di indagini coordinate dalla Dda di Catania svela il volto di uno dei componenti del gruppo di fuoco: Francesco Di Stefano, 40 anni, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di omicidio che gli è stata notificata nel carcere di “Lorusso e Cotugno” di Torino dove è detenuto per altra causa.
L’altro killer sarebbe Michele Musumeci, collaboratore di giustizia, e già condannato in Corte d’Assise proprio per questo delitto.
Un’agguato notturno: i due killer affiancarono Paratore mentre era alla guida del suo scooter; Paratore si sarebbe accorto della presenza dei suoi sicari tanto che avrebbe tentato la fuga ma alla fine, non ebbe scampo, i colpi lo ferirono mortalmente alle spalle. Fu subito chiaro agli investigatori che si trattava di affari relativi al traffico di droga. Un particolare tra tutti: Daniele Paratore, volto noto alle forze dell’ordine, stringeva tra le mani delle banconote. Per la Squadra Mobile non c’erano dubbi: era la somma pagata per la vendita di una dose. La vittima non aveva avuto nemmeno il tempo di metterli in tasca; era fuggito non appena aveva fiutato la presenza dei suoi killer.
Dalle indagini emerge il profilo della vittima e si definisce anche molto chiaramente il presunto movente. Paratore, era uno spacciatore che operava nel quartiere San Berillo Nuovo. Si era fortemente indebitato con i trafficanti di droga che non vedendosi saldare le somme dovute aveva pianificato di “farlo fuori”. A quel punto Paratore avrebbe chiesto aiuto ai “Cursoti milanesi”, che gestisce gran parte dello spaccio di droga nel quartiere. Fu siglato un patto: la cosca saldò una parte dei suoi debiti, ma in cambio di vendere lo stupefacente per conto del clan. Tutto andò bene per un po’, poi Daniele Paratore tornò a vendere droga in maniera autonoma. Un comportamento che non fu tollerato dal gruppo che organizzò l’agguato: Francesco Di Stefano, a capo dei Cursoti Milanesi, lo avrebbe punito per non aver rispettato gli accordi. Il 18 marzo 2009 lo spacciatore muore crivellato di colpi, con poche decine di euro in mano.