Omicidio Rostagno, depone Augias: | "Convinto della pista mafiosa" - Live Sicilia

Omicidio Rostagno, depone Augias: | “Convinto della pista mafiosa”

Corrado Augias

Il giornalista, autore e conduttore del programma Rai "Telefono Giallo", ha deposto in Corte di assise nell'ambito del processo per l'omicidio del sociologo, assassinato a Valderice il 26 settembre 1988.

Trapani
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TRAPANI – “Se allora avevo qualche dubbio sulla matrice mafiosa dell’omicidio di Rostagno, oggi non ce lo ho più. Mi ha rafforzato in questo convincimento anche l’ipotesi di uno degli avvocati (Elio Esposito, parte civile Saman) il quale lui stesso allora aveva idee confuse e oggi è decisamente per l’omicidio di mafia”. Lo ha detto il giornalista Corrado Augias, autore e conduttore del programma Rai “Telefono Giallo”, a margine della sua deposizione, oggi in Corte di assise a Trapani, nell’ambito del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, assassinato a Valderice il 26 settembre 1988. Augias, un anno dopo il delitto, dedicò al caso un’intera puntata della trasmissione. “Tutto quello che c’era da dire è stato detto e registrato. C’é una cassetta dove si può seguire parola per parola. Passati 25 anni, da un uomo non più freschissimo, cosa altro vuole che venga fuori? Sono rimasto molto sconcertato da questa convocazione (a citare Augias è stata la difesa dell’imputato Vincenzo Virga, accusato di essere il mandante dell’omicidio ndr), credo che scriverò qualcosa su questo”, ha detto ai cronisti, all’uscita dal palazzo di giustizia.

Durante la deposizione, il giornalista, nel ribadire la convinzione della redazione della matrice mafiosa, ha osservato che l’inviato Rai a Trapani, Alberto Cavallone (deceduto), rientrando a Roma, aveva manifestato “perplessità sulle modalità” dell’agguato anche per il fatto che “Monica Serra, la ragazza che sedeva sul sedile passeggero dell’auto guidata da Rostagno, fosse rimasta illesa e neppure sporca di sangue”. Il giornalista ha anche aggiunto: “l’inviato Cavallone mi disse che la comunità Saman rifiutò ogni forma di collaborazione, impedendo anche l’accesso delle telecamere nella struttura”.


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