PALERMO – Nel complesso scenario politico nazionale è tempo di grandi manovre per Leoluca Orlando e i suoi, in cerca di una collocazione proficua e sempre più distanti dalle posizioni dell’Italia dei valori. Seppur, infatti, gli orlandiani non abbiano mai apertamente ammesso una rottura con i lealisti del partito di Antonio Di Pietro, tanto da aver ribadito a più riprese la loro intenzione di non lasciare, a meno di brusche estromissioni, il movimento a cui le ultime elezioni nazionali non hanno consegnato neppure un rappresentante in parlamento.
Ed è proprio in cerca della collocazione perduta che muove i suoi primi passi La Rete 2018, vecchio pallino di Leoluca Orlando, che, dopo quasi due anni di incontri e seminari nella riservata Acquasparta, si è riunita per la prima volta a Roma, nel giorno del giuramento del nuovo governo Letta, per eleggere il consiglio direttivo e strutturarsi sul territorio nazionale.
Guai a parlare di un nuovo partito: durante l’incontro all’Università Popolare della Capitale, infatti, nessuno ha accennato alla possibilità di trasformare l’associazione in un movimento o in qualcosa di più. “E il simbolo non lo vedrete in nessuna elezione – precisa il palermitano Pippo Russo – nemmeno nelle elezioni di quartiere”. Ma è innegabile che l’appuntamento di ieri segni il primo passo ufficiale dello smarcamento del Professore di Idv e il segnale di qualcosa di nuovo che, per sbocciare, attende di capire cosa succederà sul piano politico nazionale. “La rete è un luogo culturale, di incontro, un seme che potrà dar vita a qualcos’altro – continua Russo, segretario provinciale di Idv – Nessun conflitto d’interessi o concorrenza con l’Italia dei valori, io stesso continuerò a ricoprire il mio incarico al meglio, anche se è innegabile che rispondere all’emergere di un’esigenza di cercare nuove forme di partecipazione democratica con un congresso fatto di tessere e di cariche ci veda sempre più lontani dalle posizioni dell’Idv”.
Importante sarà allora la data del quattro maggio, quando il Partito Democratico riunirà l’assemblea nazionale che porterà i democratici al congresso che sceglierà il successore dello sconfitto Bersani: un test delicatissimo che misurerà la tenuta del partito, agitato dalla fiducia all’esecutivo Letta, e delineerà i rapporti di forza su cui si baserà la scelta del prossimo segretario e, soprattutto, del prossimo candidato premier. Un risiko a cui guarda con attenzione Matteo Renzi, a capo di una cordata democratica a cui guarda con sempre più simpatia proprio la Rete di Orlando.
Una Rete che, come detto, ha cominciato a strutturarsi sul territorio con l’elezione di 24 componenti del direttivo nazionale provenienti da tutta Italia: da Carmine Fotia candidato di Rivoluzione civile alle regionali nel Lazio, all’assessore provinciale di Terni, Marcello Bigerna, dall’ex senatore Francesco De Notaris all’economista palermitana di origini tunisine Sboni Houda, già candidata al senato per la lista di Ingroia. E a completare due fedelissimi di Orlando, come Pippo Russo e Fabio Giambrone, rispettivamente segretario provinciale e regionale di Idv. La scelta di non trasformarsi adesso in un partito è indice di un atteggiamento attendista, che aspetta di capire cosa accadrà nel Pd, che se divenisse renziano troverebbe nel Professore un interlocutore privilegiato, ma anche in Italia dei Valori che aspetta il congresso di giugno. La visita a Palermo di Antonio Di Pietro avrebbe mandato su tutte le furie Orlando, che prima ha riunito i suoi, consiglieri comunali in primis, per ricompattare le file e poi ha dato appuntamento a Roma per lanciare un progetto a livello nazionale. Ma il momento politico non è certo roseo e creare un partito adesso significherebbe fare un salto nel buio: ecco perché è più facile coltivare un’associazione, a propria immagine e somiglianza, da trasformare in un partito vero e proprio o da far confluire in altri contenitori a seconda delle opportunità.
L’obiettivo, però, è sempre lo stesso: garantire a Orlando e ai suoi fedelissimi una ricollocazione utile a livello locale e nazionale, che consenta al sindaco di giocare ancora un ruolo di primo piano sia a Roma che alla Regione trovando interlocutori credibili che lo aiutino ad affrontare le emergenze della città. Difficile dire quanto durerà il governo Letta e quali saranno i prossimi appuntamenti elettorali, ma intanto il primo cittadino sembra deciso a non farsi trovare impreparato e a dare una risposta forte a quel pezzo di Idv rimasta fedele all’ex pm e che ha deciso di non seguirlo in questa nuova (nome a parte).