Palermo, bugie per il reddito di cittadinanza: tre assolti

Reddito di cittadinanza e “bugie”, assolti un mafioso e le mogli di 2 boss

Hanno agito in buona fede

PALERMO – Assolti pur avendo dichiarato il “falso”. Non c’era dolo, però. Il giudice per l’udienza preliminare di Termini Imerese Valeria Gioeli ha scagionato tre imputati accusati di avere violato le regole per ottenere il reddito di cittadinanza. I casi di cronaca si ripetono.

Si tratta di Gerlando Spinnaccio, Angela D’Amato e Francesca Di Salvo. Passa la linea difensiva degli avvocati Giovanni Mannino, Jimmy D’Azzò e Onofrio Barbaria. I tre imputati sono rispettivamente un condannato per mafia, la moglie del boss di Bagheria, Gioacchino Mineo, e la moglie di Francesco Pretesti, pure lui mafioso del Comune alle porte di Palermo. Hanno incassato sostegni economici per duemila, 12 mila e seicento e 16 mila euro.

Quando presentarono la domanda avevano dichiarato in autocertificazione di non avere subito condanne definitive o di non avere parenti pregiudicati per mafia. In realtà, come hanno sostenuto i legali, non avevano mentito. Al momento della presentazione delle domande le sentenze non erano ancora irrevocabili. Avrebbero dovuto correggere le domande successivamente, ma la circolare esplicativa della legge non era stata ancora emessa. Tutti assolti, dunque nonostante la Procura di Termini Imerese avesse chiesto una condanna a un anno e mesi ciascuno.


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