Palermo, "mafia e buttafuori": la corte deve astenersi: ecco perché

I “buttafuori della mafia”: i giudici non possono fare il processo

Le difese chiedono l'astensione

PALERMO – Le difese chiedono che la Corte di appello si astenga. I giudici del collegio hanno già condannato altri due imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Il processo è quello sui buttafuori che la mafia avrebbe imposto in alcuni locali notturni di Palermo.

Queste le pene del primo grado (alcune meno pesanti della richiesta dell’accusa): Andrea Catalano 8 anni, Cosimo Calì 5 anni, Gaspare Ribaudo 7 anni e 4 mesi, Emanuele Cannata 7 anni e sei mesi, Francesco Fazio 8 mesi, Davide Ribaudo 1 anno.

Il controllo sui buttafuori sarebbe stato appannaggio del boss Massimo Mulè, condannato a 6 anni insieme al cognato Vincenzo Di Grazia (5 anni e 4 mesi). Ed è questo il processo che, secondo gli avvocati Giovanni Castronovo e Silvana Tortorici, fa scattare la necessità che il collegio presieduto da Vittorio Anania si astenga. Se così fosse bisognerà assegnare il dibattimento ad una nuova composizione di magistrati.

Gli imputati sono accusati a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso. “Scoppia la guerra mondiale, la terza guerra mondiale. Là sopra volano tutti dalle finestre. Capito?”, diceva Andrea Catalano, intercettato dai carabinieri riferendosi all’organizzazione del Capodanno del 2016 a Città del Mare, a Terrasini.

I buttafuori sarebbero stati impostati nei locali Kioskito di Casteldaccia, Reloj di via Pasquale Calvi, Villa La Panoramica di via Ruffo di Calabria e Kalhesa di via Messina Marine.


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