Palermo: "Ho visto quel bambino che ha perso la sua mamma"

Palermo: “Ho visto quel bambino che ha perso la sua mamma”

Un bambino che chiede della madre che non c'è più. La drammatica testimonianza.

“Ha tre anni. Due occhi grandi, ancor più neri dei capelli: mobilissimi emergono prepotenti dalle fasciature. Ha uno sguardo che scuote l’anima. Muove la testa a scatti. Ha ustioni diffuse al volto. È scampato alla tragedia al largo di Lampedusa di cinque giorni addietro, quando un incendio improvviso ha interrotto anzitempo il viaggio della speranza di 37 migranti. Lui non si è accorto della enorme gravità del fatto, del pericolo corso. Frastornato dal bagliore delle fiamme, dalle urla di quanti si agitavano intorno, intenti a scansare le vampe a pelo d’acqua e a mantenersi a galla, è stato strappato dalle braccia della madre che annaspava tra i flutti prima di colare a picco per mai più risalire. Solo qualche lacrima di smarrimento”.

Comincia così un messaggio di Salvatore Requirez, direttore sanitario dell’ospedale Civico di Palermo. Un whatsapp al cronista che scrive di queste tragedie, inviato di notte, con le scuse per l’orario. Perché, oltre i ruoli e le competenze, tutto necessario, ci sono le persone che si incontrano. Che non possono restare indifferenti. E che, talvolta, hanno bisogno di dire a qualcuno: ascoltami. Come capita adesso per la storia di uno dei tanti viaggi della troppa disperazione e della fioca speranza.

Ed è, anche questa storia, un frammento dell’orrore e della sofferenza. Il racconto di una voce umana che illustra quanto, sotto i numeri e sotto una definizione dalla pronuncia spersonalizzante – ‘i migranti’ -, ci siano persone che si giocano la vita a dadi. E possono perdere.

“Chi lo ha salvato è come lui ricoverato al Centro Ustioni dell’Ospedale Civico, con lesioni di secondo grado, come la 25enne che aveva aiutato la madre ad imbarcarsi da una spiaggia assolata e deserta, una di quelle scelte apposta da chi fugge – scrive il dottore Requirez -. Anche lei ha ustioni agli arti. La dottoressa Pelaia, psicologa dell’Azienda Ospedaliera, tiene la mano del piccolo che ogni tanto chiede: où est maman? Dov’è la mamma. È allora che la giovane migrante ferita, che ha fatto in tempo a diventare sua amica, sorridendo gli porge una bugia pietosa: est au marché, è al mercato. Un pugno allo stomaco per chi ascolta. Il piccolo sorride, per poco ma sorride”.

“Ce la faranno tutti tre. Sono stati allertati i servizi sociali (forse si tenterà il ricongiungimento col padre, in Europa da due anni), i mediatori culturali e non si lesinano assistenza e attenzioni – continua il messaggio -. Ma quanto sarebbe bello per tutti gli operatori del reparto, subito innamorati di lui, sapere che quella donna scomparsa in mare, intrappolata al mercato da cui mai tornerà, potrà davvero incontrare il suo Dio per chiedergli almeno una cosa: dare a quel figlio, che prima o poi saprà, la stessa serenità a cui tutti i bimbi del mondo dovrebbero aver diritto, estinguendo in questi giorni palermitani il debito contratto con il dolore del vivere”. Questo è il suono di una voce profondamente umana, sgorgato all’improvviso, nella notte di Palermo. (Roberto Puglisi)

Salvatore Requirez

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