PALERMO – L’ultimo guaio giudiziario per Maurizio e Carmelo Lucchese, un tempo re dei supermercati, arriva da una presunta truffa sui contratti di solidarietà dei dipendenti e vale 1,4 milioni di euro. A tanto ammonta il sequestro disposto dal giudice per le indagini preliminari Cristina Lo Bue ed eseguito dai finanzieri del Comando provinciale di Palermo.
Tredici supermercati nel Palermitano
Le indagini del Nucleo di polizia economico-finanziaria, guidato dal colonnello Gianluca Angelini, riguardano la Gamac Group srl, con sede legale a Milano. La società, già confiscata, è titolare di 13 supermercati a Palermo, Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese.
Tra 2016 e il 2020 la Gamac ha fatto ricorso ai contratti di solidarietà per sessanta lavoratori. Per salvaguardare i livelli occupazionali i dipendenti lavorano di meno e in cambio ricevono un contributo anticipato dal datore di lavoro, che lo può successivamente recuperare sotto forma di credito contributivo.
“Truffa sui contratti di solidarietà”
Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Sergio Demontis e del sostituto Maria Pia Ticino, i Lucchese avrebbero falsamente attestato all’Inps lo stato di crisi aziendale – condizione necessaria per attivare la solidarietà – e la riduzione dell’orario di lavoro. In realtà i dipendenti avrebbero lavorato molte più ore di quanto dichiarato. In questa maniera la Gamac avrebbe ottenuto un credito contributivo di 1,4 milioni di euro, successivamente utilizzato per compensare contributi previdenziali e per abbattere le imposte.
“Contrasto i contesti di illegalità economico-finanziaria, tutelare le imprese che operano nel rispetto della legge, recuperare le risorse sottratte alla collettività”, sono gli obiettivi dichiarati in una nota del comando provinciale della finanza, guidato dal generale Domenico Napolitano.
Il legame con i boss e la confisca
L’anno scorso la Gamac è stata confiscata dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale. Carmelo Lucchese sarebbe diventato il re dei supermercati “sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra”. Sono venuti fuori, secondo l’aggiunto Marzia Sabella e il sostituto Giovanni Antoci, “strutturati contatti di Lucchese con la famiglia mafiosa di Bagheria e vantaggi imprenditoriali di cui ha potuto beneficiare nel tempo”. Boss come Onofrio Morreale, Pino Scaduto, Gino Mineo e Sergio Flamia lo avrebbero favorito nell’acquisizione di nuovi spazi vendita, per scoraggiare la concorrenza anche attraverso dei danneggiamenti o per risolvere controversie sorte con alcuni soci. Lucchese sarebbe stato esentato dal pagamento del pizzo oppure avrebbe ottenuto uno sconto. In cambio avrebbe ripagato la protezione dando ai boss ingenti somme di denaro e assumendo i loro familiari nei supermercati.