Palermo, confermato il dissequestro dei beni degli eredi Cavallotti

Palermo, dissequestro confermato per gli eredi Cavallotti

La Corte di appello dà ragione agli imprenditori di Belmonte Mezzagno

PALERMO – La Corte di appello conferma la decisione di primo grado: dà ragione ai Cavallotti e gli restituisce un’ulteriore società, anch’essa nel frattempo fallita. La decisione è del collegio presieduto da Giacomo Montalbano.

Confermato il dissequestro delle imprese Euroimpianti plus, Tecno Met, Energy Clima Service, 3C Costruzioni, Eureka, Vmg Costruzioni e Servizi, Prorison e di tutti i relativi beni aziendali. A cui si aggiunge ora la “Immobiliare Santa Teresa srl”, proprietaria di alcuni immobili a Ponte Buggianese, in Toscana. Si tratta di nude proprietà e sono le uniche cose rimaste in vita.

“Stiamo facendo un processo su dei beni morti”, disse nella sua arringa l’avvocato Rocco Chinnici, che fa parte del collegio difensivo insieme agli avvocati Salvino Pantuso, Patrizia Aucelluzzo, Luca Inzerillo e Baldassare Lauria. Il legale parlò di “cancro della giustizia”.

Nel 2019 Tribunale per le misure di prevenzione ha confiscato i beni ai fratelli Vincenzo, Salvatore Vito e Gaetano Cavallotti, imprenditori di Belmonte Mezzagno. Le indagini patrimoniali, iniziate nel lontano 2011, si estesero anche ai beni degli eredi che furono sequestrati dal collegio allora presieduto da Silvana Saguto. Due anni anni fa il dissequestro.

Oggi la conferma della restituzione. “Fateci lavorare”, dissero in una intervista rilasciata a Livesicilia nel 2014, prima che scoppiasse lo scandalo delle Misure di prevenzione.

I fratelli Vincenzo, Salvatore Vito e Gaetano Cavallotti finirono sotto processo. Il reato di turbativa d’asta fu dichiarato prescritto, mentre arrivò un’assoluzione nel merito dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Secondo il collegio d’appello, non era stata raggiunta la prova della loro colpevolezza, ma erano emersi elementi che ne tracciavano la contiguità con i boss Ciccio Pastoia e Benedetto Spera, fedelissimi di Bernardo Provenzano, grazie ai quali avrebbero ricevuto alcune importanti commesse nel settore della metanizzazione. Tanto bastò per sottoporli a misure patrimoniali e personali perché ritenuti “socialmente pericolosi”.

Tra le imprese finite sotto sequestro e poi confiscate c’erano la Comest e la Imet, citate nella corrispondenza di Provenzano per il pagamento del pizzo per i lavori di metanizzazione nei comuni di Agira e Centuripe. In un altro pizzino era Giovanni Brusca a scrivere a Provenzano per affrontare il tema della messa a posto dell’impresa dei Cavallotti che stava realizzando la metanizzazione a Monreale.

Finite sotto sequestro e in confisca la Imet e la Comest, i tre fratelli, secondo l’accusa, avrebbero dirottato i loro interessi sulle imprese intestate fittiziamente a figli e nipoti. Secondo la Procura di Palermo, la longa manus dei Cavallotti si era estesa sulle imprese degli eredi, di cui sarebbero stati la mente. Ed è questa impostazione che non ha retto l’anno scorso ed è arrivato il dissequestro contro cui la Procura generale aveva fatto ricorso.

Nel processo di appello è stato esaminato anche il collaboratore di giustizia Salvatore Bisconti, “il quale ha espressamente escluso ulteriori rapporti intercorsi tra i fratelli Cavallotti e gli esponenti mafiosi di Belmonte Mezzagno – quali Benedetto Spera, capo della famiglia mafiosa di quel centro, e
Giovanni Vaglica, capo decina della stessa famiglia – successivi al sequestro delle società dei Cavallotti e all’arresto di Spera nell’ambito dell’operazione denominata ‘Grande Mandamento'”.

“Non è stata dimostrata la circostanza della provenienza del capitale sociale della ‘Euro Impianti Plus’ si legge nel provvedimento – dai proposti, anziché dai loro figli, è necessario considerare che agli atti non vi è prova alcuna della condivisione, da parte dei soci ‘palesi’ con i pretesi soci ‘occulti’ degli
utili derivanti dall’attività economica della società”.

Nel caso della 3C Costruzioni il collegio sottolinea alcune opacità che da sola non basta a dimostrare che Salvatore Vito Cavallotti fosse il dominus. Affermarlo significherebbe dare spazio alla “circolarità della prova”. Si giustificherebbe un provvedimento giudiziari ponendovi a fondamento qualcosa che deve essere dimostrato.

La Corte di appello ha anche rigettato la proposta di applicare la sorveglianza speciale a Salvatore Vito Cavallotti: “Le ultime manifestazioni di pericolosità sociale risalivano al periodo 2006-2009”, dunque la pericolosità non è più attuale.


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