Palermo, cartello della droga gestito dai grandi vecchi

Porta Nuova, Tommaso Natale, Brancaccio: i boss della droga

Il ruolo di Michele Micalizzi e Salvatore Marsalone

PALERMO – I boss hanno fatto cartello. Tre mandamenti – Porta Nuova, Tommaso Natale e Brancaccio – si sono uniti per riempire la città di droga, importata da Calabria e Campania. La Direzione distrettuale antimafia e i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale hanno scoperto il livello superiore che gestirebbe i canali di approvvigionamento. Sono quindici le persone arrestate nella notte.

Ed ecco emergere innanzitutto le figure di Salvatore Marsalone, del figlio Giuseppe, e di Michele Micalizzi. I primi due sono affiliati alla famiglia mafiosa di Palermo centro, il terzo è uno storico boss di Partanna Mondello. La base operativa dei traffici di cocaina, hashish e marijuana erano i campetti “Big Club Sport” di via Maurizio Ascoli.

Un gradino più in basso nella scala gerarchica ci sarebbero figure come Federico La Rosa, che su indicazione dei capi avrebbe curato i rapporti con i fornitori, e Vincenzo vaglia che avrebbe gestito la cassa.

Che ci sia la regia mafiosa dietro i traffici emergerebbe dal coinvolgimento di alcuni nomi noti alle cronache giudiziarie. Sono Girolamo Celesia di Brancaccio, Maurizio Di Fede della famiglia mafiosa di Roccella, Salvatore Di Giovanni, uomo di fiducia e autista di Giuseppe Di Cara, uomo d’onore della famiglia di Porta Nuova, dove i Marsalone, originari del rione Santa Maria di Gesù, hanno spostato i loro interessi.

Usavano un linguaggio criptico. Non pronunciavano quasi mai la parola droga. La definivano in codice “cavallo”, che diventava “svedese”, “zoppo”, “sauro”, “bianco” e “nero” a secondo del tipo di stupefacente.

Ma il vocabolario era piuttosto ampio: “Pezzi”, “documenti”, “materiale”, tipo “super”,
“camicie”, “pizze”, “macchina”, “cioccolato”, “nero”, “caramello”, “Rubio”, Adidas”, “Gold California”, “Royal”, “TST”, “Brown”, “Cammello”.

I carabinieri negli ultimi anni hanno fermato i corrieri. La Rosa è stato bloccato di ritorno da Napoli con un carico di 33 chili di hashish che aveva ritirato nel deposito al civico 70 di via dei Musei, a Pollenia Trocchia nel Napoletano. Una volta fecero irruzione nel piccolo centro sportivo e sorpresero Giuseppe Marsalone, Giovanni Giardina e Vincenzo Vaglica mentre confezionavano il “fumo”. Dentro un borsello nascondevano 50 mila euro.

Micalizzi non poteva sfuggire alla lente di ingrandimento. Dopo avere finito di scontare una condanna a 20 anni e 8 mesi per omicidio, nel novembre 2017 è tornato a Palermo, forte del suo passato di genero di don Saro Riccobono, capomafia di Partanna Mondello trucidato nella guerra di mafia. È il suo presente che interessava, però, agli investigatori. La voce circolava con insistenza, lo “zio Michele”, “il vecchio”, era tornato a comandare.

E si sarebbe messo in affari con un altro pezzo grosso già noto alle cronache, Salvatore Marsalone. Un cognome da sempre legato ai traffici di droga. I componenti dell’intero nucleo hanno affrontato a turno i guai giudiziari. L’Olanda e la Germania erano i loro mercati di riferimento a partire dalla fine degli anni Novanta.


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