Palermo, mafia: 35 imprenditori indagati per favoreggiamento

Mafia, “negano il pizzo”: 31 commercianti indagati per favoreggiamento NOMI

Avrebbero negato di avere pagato il pizzo e subito minacce. ESCLUSIVA

PALERMO – Avrebbero pagato il pizzo in silenzio. E in silenzio sono rimasti una volta convocati dagli investigatori. Alcuni avrebbero addirittura negato. In 30, fra commercianti e imprenditori di Brancaccio e Ciaculli, sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di avere favorito gli estorsori.

La requisitoria dei pm

L’esistenza della maxi inchiesta e l’imminente richiesta di rinvio a giudizio è stata svelata nei giorni scorsi durante la requisitoria dei pubblici ministeri Bruno Brucoli e Francesca Mazzocco della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Prima di chiedere condanne pesantissime, i pm hanno ripercorso le vicende contestate agli imputati. Alla fine dell’udienza hanno depositato quasi mille pagine di requisitoria scritta al giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta che dovrà emettere la sentenza.

Ricostruendo le singole ipotesi di estorsione sono emersi i nomi di commercianti e negozianti. Sono stati convocati da poliziotti e carabinieri dopo il blitz del luglio 2021 e hanno negato di avere pagato. Lo hanno fatto, dicono gli investigatori, di fronte all’evidenza delle intercettazioni. In questa maniera sarebbero divenuti complici dei mafiosi. Hanno spiegato di non avere subito né minacce, né richieste di soldi, ma i pm non gli hanno creduto.

Ecco chi avrebbe negato il pizzo

“Il testimone è stato iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento”, hanno ripetuto i rappresentanti dell’accusa per un lungo elenco di nomi: Giampiero Cannella (amministratore della 3D srl), Ignazio Marciante (amministratore della Trinacria Gas sas), Giulio Matranga (gestore della macelleria “La fantasia della carne”), Bernardo e Salvatore Martino (titolari della rivendita di alimentari “Salumi e carni”), Alessandro Tinnirello (titolare del negozio “Polli alla brace”), Giuseppe Airò (gestore del “Night life”), Deborah Polito (titolare di dell’impresa “Animal shopping”), Paolo Vaccarella (titolare di “Paolo bar”), Giovanni Visconti (fino al gennaio 2020 amministratore della società “Nova recicling metalli srl), Maria Prestigiacomo (titolare della “Pizzeria al Galeone”), Rosario Messina (titolare del bar tabacchi Messina), Antonino e Girolamo Giacalone (rispettivamente dipendente e titolare della “Giacalone mobili”), Antonio Pellegrino (titolare della “Autoricambi express”), Fabrizio Aruta (titolare dell’officina “A.F. Gomme”), Rosario Carmelo Fulvo (titolare della “Autofficina meccanica fratelli Fulvo Rosario e Giuseppe”), Carlo Brancato (titolare di fatto del panificio-gastronomia-pizzeria “Signor Carlo Brancato Pietro”), Cristian Onofrio Biancucci (titolare della “Elio Salumi”), Giovanni Nuccio (gestore della macelleria “I piaceri della carne di Mangiapane Maria”), Giuseppe Lo Negro (titolare della ditta che si occupa della produzione e vendita d’asporto di frattaglie), Salvatore Meli (titolare del bar Tiffany), Antonio Rispetta (socio ed amministratore della ditta di trasporto merci “L.T.R. srl”), Salvatore Giardina (titolare del panificio di via Messina Marine 611), Francesco Sparacello (titolare dell’omonima macelleria), Vincenzo Sinagra (socio unico ed amministratore della “Euro casa Sinagra srl”), Giacomo Pampillonia (gestore di una rivendita abusiva di carni e frattaglie), Giovan Battista Caruso (gestore della “G&G Coffee” di Caruso Vincenzo Ronny), Mercurio Sardina (gestore del bar Ambra dal dicembre 2019), Tommaso Calabria (titolare e gestore del bar Ambra fino al dicembre 2019), Emanuele Pietro Binario (titolare del Bar dei Paletti).

Pizzo e silenzi

Scorrendo l’elenco si trova la conferma di quanto sia ancora diffuso il fenomeno del racket, nonostante grazie ai blitz delle forze dell’ordine mandanti ed estorsori finiscano ciclicamente in carcere. Si paga non solo per paura, ma anche per convenienza e connivenza.

Il clan di Ciaculli, che secondo la Dda era guidato da Giuseppe Greco, aveva un drappello di uomini del racket sempre in movimento. A coordinarli sarebbe stato Maurizio Di Fede. Le intercettazioni hanno smascherato la sua attività: “Cominciamo con i miei… così me li scrivo… quindi io ho questo, me li ha dati tutti per Natale…”.

I commercianti convocati come testimoni erano più di 40. Solo in sette non hanno visto cambiare la loro posizione. Gli altri da testimoni sono diventati complici e per loro la Procura chiederà il processo.


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