PALERMO – Sulla ruota di Palermo erano stati estratti i numeri “1, 12 e 90”. Non era andata bene per il banco delle scommesse a Porta Nuova gestito dai boss. I soldi si fanno con la droga, i pannelli delle scommesse sportive e anche con il “lotto nero”. Così emerge dalle inchieste della Direzione distrettuale antimafia.
Dietro il lotto c’era la regia il capomafia Tommaso Lo Presti, soprannominato il lungo per distinguerlo dall’omonimo conosciuto come il pacchione. Era stato scarcerato nel 2020 per rientrare in cella due anni dopo. Il ritorno di don Masino coincise con l’intraprendenza di Giuseppe Auteri, piazzato a gestire la cassa del clan assieme a Giuseppe Incontrera, assassinato alla Zisa. Una volta arrestato Lo Presti lo stesso Auteri sarebbe divenuto reggente del mandamento.
Lo Presti è stato intercettato mentre controllava le vincite delle estrazioni. Sia per il lotto che per i pannelli delle scommesse il suo referente sarebbe stato Pietro Pozzi, arrestato nel blitz dei 181. Pozzi si sarebbe servito come manovalanza di Gaspare Martines e Alessandro Adamo.
Sono stati tutti intercettati mentre parlavano di “date” da inserire, di soldi “di giovedì e di sabato” da consegnare assieme ai “fogli” con i “piccioli del gioco”, conservati “dentro il sacchetto”. I soldi servivano per pagare le vincite “perché magari esce un terno a Roma” o sulla ruota “nazionale”. Il banco, però, era quasi sempre in vincita. Ora i carabinieri stanno cercando di dare un volto a tutte le pedine.