Palermo, mafia: notaio scarcerato, ma la vittima conferma accuse

Mafia: scarcerato il notaio ma la vittima conferma le accuse

Il notaio Sergio Tripodo
Secondo i pm, "chiese aiuto ai boss". Divieto di dimora in città e provincia

PALERMO – La ricostruzione della Procura della Repubblica regge, anche se il notaio lascia gli arresti domiciliari. Il Tribunale del Riesame ha sostituito la misura cautelare con il divieto di dimora a Palermo e provincia. Il ricorso è stato presentato dagli avvocati Giuseppina Aronica e Marco Giunta. Non si conoscono ancora le motivazioni del provvedimento. Dovrebbero essersi affievolite le esigenze cautelari. L’esito del ricorso di un altro indagato sembrerebbe, però, confermare che l’impostazione dei pm ha retto al vaglio del Riesame.

Michelangelo Messina è rimasto in carcere. Nel suo caso è venuta meno solo una delle estorsioni contestate, e non quella tentata che coinvolgerebbe il notaio. Tripodo avrebbe chiesto l’aiuto dei mafiosi per liberare alcuni immobili nella zona del mercato ortofrutticolo. Gli inquilini non volevano andare via nonostante ci fosse un ordine di sfratto.

Il reato viene contestato a Sergio Giannusa (considerato il braccio destro del boss Salvo Genova), Michelangelo Messina, Mario Muratore e Michele Siragusa (per lui l’ordinanza è stata annullata dal Riesame che ha accolto il ricorso dell’avvocato Vincenzo Giambruno). Al Riesame la Procura ha depositato le sommarie informazioni delle presunte vittime che hanno confermato di essere state minacciate. Dovevano lasciare la casa subito. Le dichiarazioni confermerebbero il contenuto delle intercettazioni.

Messina aveva provato a farsi valere: “Quello è andato là… a uno gli ha detto vedi che io ti butto da qua sopra dice te ne devi andare – spiegava Gennuso – gli ho detto Michele, sbrighiamoci questa cosa, dice addirittura uno la vuole venduta”. Qualche giorno dopo ci provò Gennusa in prima persona assieme a Messina: “Qua c’è una sentenza del tribunale, del 2017, che si dovevano liberare tutti gli appartamenti… carissimo amico, lei si innervosisce, io lo capisco, noi siamo qua bonariamente se lei al posto di agitarsi e fare tante situazioni…”.

Messina rincarava la dose: “Chi è che ha comprato la palazzina, è come se fossi io… se l’è comprata mio compare è come se fossi io”. L’inquilino diceva: “Ma io sono nato in questa casa”. E Giannusa tagliava corto: “… noialtri non siamo di quelli cani selvaggi, noialtri le persone le aiutiamo quando si comportano bene, noialtri le persone le aiutiamo. Perché siamo stati sempre così”.

L’inquilino si ribellò: “Vengano i carabinieri a buttarci fuori, io penso che non dovevate venire voi”. Nel caso di Messina, scarcerato dal Riesame, l’accusa potrebbe essere venuta meno perché in realtà Siragusa, con precedenti penali per mafia, non andò all’appuntamento in cui i proprietari subirono le minacce. Qualche giorno prima erano andati a trovarlo nel suo quartiere, Borgo Vecchio. E Siragusa si era reso disponibile: “Io domani metto a strammiari un poco… e che… non gli devo rompere le corna a qualcuno…”. Dalle parole, però, Siragusa non sarebbe passato ai fatti. Anche nel suo caso si attende la motivazione. Il notaio nel corso dell’interrogatorio di garanzia ha spiegato di non avere chiesto alcun favore ai mafiosi e ha ricostruito la storia degli immobili e il motivo per cui non aveva alcun interesse a liberarli.

Nell’ambito della stessa operazione il Riesame ha concesso gli arresti domiciliari a Federico Girolamo che lascia il carcere. L’ipotesi di avere fatto parte di un’organizzazione dedita al traffico di droga è stata derubricata in episodi di spaccio. I suoi legali, gli avvocati Mario Caputo e Nicola Nocera, parlano di “primo passaggio verso l’accertamento della estraneità alle accuse”.


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