Palermo, omicidio Mattarella: arrestato ex poliziotto dopo 45 anni

Omicidio Mattarella, “depistaggio”: dopo 45 anni arrestato un ex poliziotto

Avrebbe fatto sparire il guanto di uno dei killer VIDEO

PALERMO – Un episodio inquietante che riemerge a distanza di 45 anni dall’omicidio di Piersanti Mattarella. Un poliziotto in pensione, Filippo Piritore, 75 anni, finisce agli arresti domiciliari per depistaggio. Avrebbe fatto scomparire il guanto di pelle dimenticato dai due killer. Poteva essere una prova chiave, ma è stato inghiottito in un buco nero.

In quegli anni Piritore lavorava alla squadra mobile sotto la guida di Bruno Contrada, poliziotto dei misteri condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e risarcito per l’ingiusta detenzione (la Corte europea ha stabilito che quando gli fu contestato il reato non era “sufficientemente chiaro” da un punto di vista normativo.

Una carriera di primo piano quella di Piritore, che è stato anche questore a Caltanissetta, L’Aquila e Genova, e prefetto di Isernia.

Il guanto sparito dopo l’omicidio Mattarella

I poliziotti della Scientifica trovarono il guanto all’interno della 127 usata dai sicari, il 6 gennaio 1980, per arrivare in via della Libertà, sotto casa del presidente della Regione e fratello dell’attuale Capo dello Stato. Era una Fiat 127 bianca e venne abbandonata dai sicari.

Sette anni fa l’allora procuratore di Palermo Francesco Lo Voi voleva fare analizzare di nuovo il guanto nella speranza di trovare tracce di Dna. Solo che il reperto era sparito. Non era né alla Scientifica, né all’ufficio corpi di reato del Tribunale.

Ora le nuove indagini farebbero emergere misteriose responsabilità. Sarebbe del poliziotto la mano che fece sparire il guanto. I pm sono partiti dalle fotografie che davano prova della presenza di Piritore fra gli investigator accorsi in via Libertà. Convocato dagli agenti della Direzione investigativa antimafia avrebbe confermato di avere preso il guanto e di averlo consegnato ad un collega della Scientifica. Nella sua ricostruzione, però, nomi e circostanze non quadrano.

I due killer di mafia indagati

La magistratura ha riperso da tempo in mano il fascicolo, per la verità mai messo da parte, affidandosi alle nuove tecnologie. Ci sono due indagati, i killer mafiosi Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese. Sulla 127 c’era un’impronta sul lato guida, il cui vetrino è stato conservato. L’impronta fu isolata nell’immediatezza dei fatti, ma non aveva le caratteristiche necessarie per svelare l’identità di chi l’aveva lasciata sulla carrozzeria. Ora le nuove tecnologie consentono comparazioni prima impensabili.

Secondo la nuova ricostruzione dal procuratore Maurizio de Lucia e del sostituto Francesca Dessì, a sparare al presidente della Regione siciliana sarebbe stato Madonia, figlio del capomafia di Resuttana, Francesco, e appartenente a una delle famiglia di mafia più potenti di Palermo.

La pista nera

Madonia è stato un killer spietato. Aveva la caratura criminale per sparare a Mattarella, appena salito in auto con la moglie, Irma Chiazzese, e i figli Bernardo e Maria. Stavano andando a messa. Per anni ha tenuto banco la pista nera, mai abbandonata nonostante l’assoluzione di Giusva Fioravanti, killer su cui aveva indagato Giovanni Falcone. La vedova Mattarella riconobbe Fioravanti quando gli mostrarono la foto dell’esponente dei Nar. La Corte d’Assise d’appello di Palermo nella sentenza del 1998 sugli omicidi politici commessi anche da Nino Madonia lasciò traccia della somiglianza fisica tra il killer di mafia e Giusva Fioravanti.

Al volante della 127 usata dai killer per allontanarsi da via Libertà potrebbe esserci stato Lucchese, del mandamento di Ciaculli, anche lui killer spietato dell’ala corleonese di Cosa Nostra. Avevano 28 e 22 anni.

Mattarella, Totò Riina e la cupola

L’allora governatore siciliano voleva smantellare la rete di potere fra mafia, politica e imprenditoria. Per il delitto del politico della Democrazia Cristiana sono stati condannati come mandanti i boss della cupola: da Totò Riina a Michele Greco: da Bernardo Provenzano a Bernardo Brusca, da Pippo Calò, a Francesco Madonia e Antonino Geraci.

Non sono mai stati individuati gli esecutori dell’omicidio Mattarella. Potrebbero essere stati scelti due sicari che qualche anno dopo avrebbero ucciso anche il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti Carraro, il 3 settembre 1982.


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