Palermo, pestaggi e lavoro ai parenti dei boss nei negozi "Serena"

Pestaggi e lavoro ai parenti dei boss nei negozi di detersivi

Perché è stata decisa l'amministrazione per un anno del gruppo "Serena"

PALERMO – Non sono imprese mafiose, ma bisogna creare una “barriera” per evitare pericolosi punti di contatto con importanti uomini di Cosa Nostra. Ecco perché la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo ha deciso di mettere in amministrazione giudiziaria per un anno le società Serena Distribuzione e Bagnasco che gestiscono 10 punti vendita all’ingrosso e al dettaglio di detersivi e prodotti per l’igiene.

La persona nominata dal Tribunale, Massimo Romano, affiancherà i fratelli Giorgio e Francesco Bagnasco, proprietari al 50% delle imprese nella gestione delle aziende il cui valore viene stimato in 18 milioni di euro.

In principio ci fu la richiesta di pizzo

La Procura di Palermo ha analizzato il percorso imprenditoriale dei Bagnasco. In principio, all’inizio degli anni Duemila, erano state vittime del pizzo. Non avevano denunciato la richiesta estorsiva. Via via la situazione “nel tempo si è evoluta nella costante disponibilità ad assumere familiari di importanti boss mafiosi, nello scegliere locali di proprietà di mafiosi conclamati (come nel caso della famiglia Corso e Cappello) per insediare i propri punti vendita, fino alla gravissima richiesta di individuazione e punizione dei responsabili delle rapine commesse in danno di uno dei punti vendita del gruppo”. Cappello e Corso sono cognomi mafiosi che contano a Borgo Molara e a Santa Maria di Gesù.

Ci sono poi i rapporti con Giuseppe Calvaruso, reggente del mandamento di Pagliarelli arrestato l’anno scorso appena sbarcato a Palermo dal Brasile. Risulta, ad esempio, un pagamento di 1.500 euro in favore della Edil Professional, società di Giovanni Caruso, considerato il braccio destro di Calvaruso ed anche suo prestanome.

I parenti dei mafiosi assunti

Infine c’è il capitolo delle assunzioni ricostruito dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, guidato dal colonnello Gianluca Angelini. In una terra dove c’è fame di lavoro nei negozi dei Bagnasco hanno trovato occupazione tanti parenti di mafiosi. Vi hanno lavorato la moglie e il cugino di Calvaruso, e la figlia di Andrea Ferrante che ha usato un negozio della catena per incontrare Settimo Mineo, anziano capomafia che ha presieduto la riunione della cupola di Cosa Nostra convocata nel 2018 (Quando Mineo piangeva in casa, da condannato a morte a nuovo capo).

Ed ancora, fra i dipendenti, risultano la figlia di Baldassare Migliore, considerato “elemento di spicco” della famiglia mafiosa dell’Uditore nonostante diverse assoluzioni, e la figlia di Giovanni Caruso.

“Totale assenza di barriere”

Ce n’è abbastanza per ritenere, scrive il collegio, “emersa la totale assenza di barriere nei confronti dei rapporti con membri di Cosa Nostra fino alla gravissima richiesta di individuazione e punizione dei responsabili delle rapine commesse in danno di uno dei punti vendita del gruppo”. (Violenza mafiosa, rapinatori pestati a sangue: “È ricoverato”).

Da qui “appare, pertanto, necessario disporre la misura richiesta al fine di diagnosticare quale
sia lo stato di infiltrazione del gruppo da parte di Cosa Nostra ed adottare tutte le misure organizzative idonee a rimuovere il pericolo che tale infiltrazione possa ripetersi o aggravarsi, ponendo particolare attenzione alle relazioni commerciali delle due società in termini di scelta dei soggetti da assumere e delle controparti contrattuali (fornitori e clienti)”.


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