Palermo, microspie al banchetto nuziale: il boss, la droga, gli amici

Palermo, microspie al banchetto nuziale: il boss, la droga, gli amici

Giuseppe Guttadauro spiato mentre parlava di affari TUTTI I NOMI

PALERMO – Era stato autorizzato a tornare a Palermo per partecipare al matrimonio del figlio Filippo Marco. Giuseppe Guttadauro avrebbe sfruttato l’occasione per discutere degli affari della droga. Non aveva fatto i conti con i carabinieri del Ros e il virus spia iniettato sul suo telefonino. E così fra un primo e un secondo piatto Guttadauro discuteva in maniera rilassata.

Era il 22 agosto 2018. I carabinieri del Ros lo pedinavano già da tempo. Avevano scoperto che il boss di Brancaccio non aveva interrotto i contatti con Fabio Scimò, rimasto a Palermo a reggere il mandamento, fino al giorno del suo arresto.

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Nell’affare della droga un ruolo avrebbero avuto anche Angelo Vitrano e Stefano Nolano, pure loro sono indagati ma non sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare perché già fermati in un blitz precedente.

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Guttadauro aveva grandi progetti. Parlava di un traffico internazionale di droga con l’estero da organizzare con la collaborazione di un cittadino di nazionalità albanese Memetaj Besart Bersni a cui si era rivolto per ottenere la falsa laurea in odontoiatria per il figlio Mario Carlo.

L’albanese si vantava di avere contatti con la criminalità organizzata. Il progetto prevedeva di trasportare 10 kg di stupefacenti ad ogni viaggio aereo che l’albanese era pronto a vendere incassando 300.000.

Guttadauro, però, preferiva che nell’affare venissero coinvolti anche i palermitani. Gente fidata. Ed ecco saltare fiori due noti esponenti di Cosa Nostra da anni trapiantati a Milano. E cioè Antonino Zacco, soprannominato ‘Nino il bello’ e il figlio Carlo, “molto legati – dicono gli investigatori – alla criminalità organizzata calabrese”.

Antonino Zacco è un volto noto alle cronache giudiziarie. Fu arrestato, processato e condannato per traffico di droga. Il blitz è quello che negli anni Novanta fu denominato “Duomo Connection”. Il suo ruolo era stato ricostruito da Giovanni Falcone e Ilda Boccassini.

Alcuni mesi fa è tornato alla ribalta mediatica. Gli Zacco, infatti, hanno querelato l’esperto di media e comunicazione Klaus Davi, finito sotto processo. La “colpa” di Davi sarebbe quella di averli definiti “boss” in una campagna pubblicitaria del 2017.

“Un mio amico che sta a Milano ha fatto 30 anni di carcere”, diceva Guttadauro parlando di Zacco.
Bisognava coinvolgere persone di spessore: “… io ti ho detto… sono stato in carcere… poi palermitani noi siamo scaltri abbiamo ammazzato come quelli di Valona”. E cioè la città albanese, crocevia dei traffici. Guttadauro era fiducioso: “Anche se Milano è in mano ai calabresi adesso però noi non abbiamo problemi con i calabresi”

E così il 22 agosto, durante il banchetto nuziale al Castello Lanza Branciforte di Trabia, Guttadauro approfittò della presenza fra gli invitati di Vitrano e Nolano per fare il punto della situazione. Il boss parlava e i carabiniere ascoltavano.

“Io sempre qualche cosa cerco di organizzarla ancora”, diceva Guttadauro, precisando subito: “… non da qua non da qua… a Palermo solo chiacchiere ci sono e basta qua solo chiacchiere ci sono”.

Gli serviva, però, un contatto “in Colombia”. Per importare cosa?, chiedeva Vitrano: “… noialtri parliamo per quella bianca… il fumo… c’è il fumo… la cocaina”

Al rientro a Roma Guttadauro, parlando con un altro palermitano trapiantato nella Capitale, Vincenzo Rizzo, diceva “qualche giorno devo andare in piscina e chiedere al capo ufficio se lo trovo a disposizione Se ci fa avere un poco di roba”. Stava parlando dell’albanese.

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I carabinieri hanno registrato una conversazione fra Guttadauro e Adriano Burgio, assistente di volo dell’Alitalia. (leggi cosa ha detto a Livesicilia) “Sempre che non mi aspettano con i mitra e mi ammazzano”, diceva quest’ultimo. Guttadauro lo tranquillizzava: “… non ti ammazza nessuno a te tranquillo questa cosa se deve arrivare deve arrivare in Olanda neanche in Italia quindi non la vediamo, non lo tocchiamo nessuno sa della tua esistenza nessuno saprà eccetto me”. Stavano parlando di droga? Non si sa se il progetto sia poi stato messo in atto. Il virus nel telefonino di Guttadauro ha smesso di funzionare, ma le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli vanno avanti.


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