Palermo, ha perso il papà nell'incendio e racconta la sua amarezza

“Mio papà è morto per l’incendio, ma una casa vale più della sua vita”

Andreina e Salvatore Albano
L'amarezza di una figlia. "La Regione si è dimenticata di lui"

PALERMO – “Lo dico con il massimo rispetto per chi ha perso tutto, ma la vita di un uomo non può valere meno di una casa”, dice Andreina Albano. Ha le lacrime agli occhi.

Le succede spesso da quel maledetto 22 settembre dell’anno scorso, quando il padre Salvatore morì nel disperato tentativo di spegnere le fiamme che minacciavano la sua casa a Trappeto, in provincia di Palermo. Aveva 68 anni. Quando capì che non ce l’avrebbe fatta tentò di scappare. Un infarto lo stroncò mentre era in strada.

Il 9 aprile scorso la Regione ha fatto sapere di avere pubblicato il decreto per concedere dei ristori a chi ha visto la propria casa andare in fumo. “E noi? Chi come me ha perso l’amore di un padre? Nulla – spiega – mi creda, lo dico con tutta la sincerità che posseggo, non è una questione di soldi perché i soldi non riporteranno in vita mio padre. È la terribile sensazione di essere stati dimenticati che amareggia. Siamo sempre stati soli”.

La Procura della Repubblica aveva aperto un’inchiesta per la morte di Salvatore Albano ed è stata archiviata. Le fiamme non furono appiccate dolosamente. “Da un punto di vista penalistico nulla c’è da fare – spiega l’avvocato Rodolfo Calandra -, infatti sono altri i temi in ballo. Il decreto della Regione va oltre ogni eventuale responsabilità, è un ristoro appunto, un segno di solidarietà e vicinanza. Per questo fa più male l’esclusione”.

Andreina Albano rafforza il concetto: “Non cerchiamo colpevoli, ma la morte di mio padre e delle altre vittime non può essere dimenticata. Nei mesi scorsi ho avuto la possibilità di parlarne con il presidente della Regione Renato Schifani. La morte di mio padre dovrebbe almeno servire a ricordare che certe cose non devono accadere più, che non si può morire così. Mio padre non merita di essere dimenticato”.

La mente va a quel giorno di settembre. Bruciava tutto, i centralini delle forze dell’ordine erano intasati. L’incendio travolse il casotto di legno nel giardino di Albano. L’uomo si diede da fare, c’erano i suoi cinque cani da mettere in salvo.

I soccorsi, a Trappeto, arrivarono ore dopo la chiamata, quando ormai l’uomo era già morto. Non fu l’unica vittima di quei terribili giorni di paura. “Abbiamo continuato a spegnere le fiamme – racconta la figlia -, siamo stati noi a fermare il fuoco prima che arrivasse alle case”.

Padre e figlia si erano sentiti la mattina, “gli avevo mandato un link per un giochino stupido sul cellulare. Avevamo un rapporto splendido. Uniti, ancora di più da quando mamma non c’è più. Ancora oggi se sento il vento che soffia forte ho paura. Mi manca mio papà, ma per qualcuno con tutto il rispetto per il dolore altrui, una casa vale più di una vita umana. Leggere la notizia del decreto della Regione mi ha fatto male“.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI