La processione nella stanza e Biagio Conte ha sorriso

La processione nella stanza e Biagio Conte ha sorriso

Abbiamo visto Fratel Biagio. La Messa e i canti.
LE PREGHIERE PER IL MISSIONARIO
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Nell’ultimo binario di un uomo che ha dato amore a tutti, ora, tutto l’amore ritorna in forma di carezze, sguardi e preghiere. Il grande crocifisso della Missione di via Decollati si staglia contro il cielo azzurro. I canti e i salmi sono un’eco dolce che spinge a pensieri felici. Nella sua stanza, dietro una porticina, Biagio Conte è assopito. Tanti sono qui perché vorrebbero salutarlo, dargli un bacio. Don Pino, il suo inseparabile compagno di viaggio, veglia con cura, come Francesco, il medico, e le ‘sorelle’ della Missione che l’hanno condivisa, senza retrocedere mai. Riccardo, preziosa connessione per comunicare notizie e aggiornamenti, compito che assolve instancabilmente, passa da un abbraccio al prossimo.

Si entra alla spicciolata. Fratel Biagio, sfibrato dalla sua malattia, può essere visto soltanto a distanza. C’è Giuseppe, con il suo cane Paolino, tra i pellegrini che con garbo chiedono di oltrepassare la soglia. Racconta: “Biagio e Paolino sono amici, quando era alle Poste è stato il mio canuzzo a convincerlo ad alzarsi, a interrompere il digiuno. E lui lo accarezzava e gli diceva, sorridendo: ‘Paolino mio, solo tu mi capisci’”. L’uomo che ha dato amore amava tutti. E aveva pure lui un cane, con sé, primo tra i suoi amici. Si chiamava ‘Libertà’.

Il canto, in sottofondo, è un sussurro. La porticina si apre e si chiude. Ha inizio la Messa con molte persone raccolte, a poca distanza da Biagio Conte che ha amato Palermo, ma non sempre è stato amato da Palermo. C’è una città sincera, qui, al suo fianco. Ma ce n’è un’altra che accorrerà, quando sarà il momento, e qui non c’è mai stata.

Don Pino, nella sua omelia, ripercorre con dolore e speranza tutti i passaggi. “Nessuno ci inganni”, quasi grida. Il riferimento è alla notizia falsa della morte del missionario laico che, ieri, ha inquinato e spaventato il cuore di molti. “Nessuno ci inganni”, dice don Pino. Si invocano rispetto e dignità per quell’uomo, per quell’immenso palermitano, donato alle nostre vite. La commozione è palpabile. Uno sguardo in giro: i colleghi giornalisti pregano e piangono con i fedeli, alternando intimità e senso del dovere. Un dettaglio da rammentare, per riconoscere chi ama la propria professione, perché ama le persone.

La piccola porticina si socchiude ancora. Entriamo nella stanza. Biagio è in fondo, sdraiato sul suo letto, accanto a una finestra illuminata che dà sul giardino. Il ‘Padre nostro’ è un mormorio indistinto, una risacca che culla. Il contesto è una penombra in cui si scorgono alcuni oggetti. Rimangono impressi i sandali, ai piedi del letto. Le calzature di un incessante viaggiatore del bene.  

Si esce. Qualcuno rientra e si avvicina. Francesco, il medico, lo accompagna al capezzale. Poche parole di presentazione, di memoria. Gli occhi di Biagio si aprono appena percettibilmente e riversano tutto il loro azzurro-cielo nella stanza. Sulle sue labbra stanche appare un lieve sorriso. (Roberto Puglisi)


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