Palermo, "fratelli coltelli": dal processo per omicidio all'usura

Il processo per omicidio, i prestiti, l’accusa: “Mio fratello è un usuraio”

Una storia di rapporti familiari difficili e vicissitudini giudiziarie

PALERMO – Una storia di rapporti familiari difficili e vicissitudini giudiziarie, di enormi spese sostenute per difendere un figlio dall’accusa di omicidio, di pignoramenti e denunce.

Lo scontro fra fratelli è sfociato in una battaglia legale. Uno sostiene che l’altro avrebbe approfittato della sua condizione agendo come uno strozzino.

È di usura che rispondono Francesco Sestito, 73 anni, la moglie e la figlia. A denunciarli è stato il fratello di Sestito, Giovan Battista. Il cognome obbliga ad andare indietro nel tempo fino al 2000, quando al culmine di una rapina fu ucciso il libraio Livio Portinaio.

Sotto processo è rimasto a lungo il figlio di Giovan Battista Sestito, Ivan. Ci vollero dieci anni per stabilire la sua innocenza. Unico colpevole è stato riconosciuto Maurizio Gentile, che ha scontato 22 anni di carcere.

I supremi giudici annullarono senza rinvio la condanna a dieci anni inflitta in appello a Sestito che in primo grado era stato assolto. Nel 2018 la tragedia: Ivan Sestito morì in un incidente stradale a Scalea, in Calabria. Aveva 36 anni.

Un processo lungo e costoso quello per il delitto Portinaio. Per affrontarlo Giova Battista, così sostiene la difesa degli imputati, chiese al fratello prestiti per circa 200 mila euro. Qualche anno fa Francesco Sestito mise all’incasso un assegno che andò a vuoto.

E scoppiò la lite. Giovan Battista si oppose ad un pignoramento del fratello, il quale sosteneva che gli fosse stato restituita sola una parte del prestito.

A quel punto scattò la denuncia: la presunta vittima disse che aveva consegnato l’assegno – e non era la prima volta – a garanzia di un prestito ad usura. Il fratello lo avrebbe messo all’incasso nonostante avesse riavuto i soldi indietro con tanto di interessi.

Nel vorticoso giro di soldi alla fine, secondo l’accusa, Giovan Battista Sestito avrebbe sborsato oltre centomila euro di interessi nel periodo in cui il figlio era imputato per l’omicidio Portinaio.

Francesco Sestito non ci sta. Il suo legale, l’avvocato Marco Giunta, contesta l’accusa. Niente usura, la storia dei prestiti a strozzo sarebbe un’invenzione per trattenere il denaro. Tutti i movimenti, è questa la linea difensiva, sono tracciabili e confermerebbero che l’imputato e i suoi familiari ci avrebbero rimesso dei soldi

Il processo è iniziato, la parre si è costituita parte civile con l’assistenza degli avvocati Giovanni Di Trapani e Giovanni Morgante. Sta male, adesso non è in grado di testimoniare. Il Tribunale presieduto da Donatella Puleo ha nominato un perito per valutare le sue condizioni di salute che sarebbero molto precarie.


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