Lo scontro è politico e durissimo. La ricerca della verità sulla strage di via d’Amelio, purtroppo, finisce in secondo piano. Dovrebbe essere il solo obiettivo ed invece diventa la causa se non addirittura il pretesto per litigare.
Da una parte c’è chi rivendica il primato dell’antimafia, come se il fatto di avere indossato la toga renda depositari della verità e al contempo del dogma dell’infallibilità.
Dall’altra parte c’è chi non vede l’ora che il politico-(ex) magistrato commetta un passo falso per dire, forte della maggioranza che si detiene, che le cose sono cambiate.
Il casus belli sono le telefonate fra Roberto Scarpinato (senatore del Movimento Cinque Stelle, già procuratore generale di Palermo) e Gioacchino Natoli (ex magistrato oggi indagato per favoreggiamento alla mafia) che era intercettato.
L’ipotesi è che i due si siano messi d’accordo sulle risposte che Natoli avrebbe dovuto dare alla Commissione parlamentare antimafia, di cui Scarpinato è componente. Natoli aveva chiesto di essere audito per chiarire la sua correttezza nella gestione dell’indagine “mafia e appalti” su cui è tornata a indagare la procura di Caltanissetta ipotizzando un insabbiamento all’inizio degli anni Novanta quando Natoli era sostituto procuratore a Palermo.
Scarpinato respinge ogni accusa. Dice di non avere nulla da nascondere. Di avere parlato con Natoli, con cui ha condiviso un lungo percorso di lavoro. Lo definisce “un normale scambio di idee”.
Apriti cielo. La maggioranza lo ha attaccato. Si sono ascoltate frasi del tipo. “Qualcuno aiutava la mafia a depistare lo Stato in Antimafia, gravissimo se fosse vero”; “Ci chiarisca perché sta impedendo la ricerca della verità su Borsellino”; “Hanno messo alla gogna mezzo mondo, ora tocca a loro”.
Non proprio frasi da clima sereno seguite dall’invito esplicito a lasciare la Commissione. Scarpinato ha risposto da pubblico ministero ancor più che da politico. Stanno strumentalizzando la vicenda per sbarazzarsi di una figura scomoda come la sua, “in modo da impedirmi di apportare il mio contributo per fare luce su tutti i buchi neri, sui depistaggi, sui retroscena politici scottanti che possono coinvolgete personaggi intoccabili”.
Nella sua nuova veste, non ne fa mistero, intende proseguire il lavoro che ha portato avanti con i colleghi di un tempo, i magistrati, dovendosi scontrare a suo dire “contro un muro di ostracismo”.
Al di là del merito investigativo sul contenuto delle telefonate e sull’opportunità che Scarpinato e Natoli si parlassero prima della convocazione, sul punto qualcosa non torna. Nessuno in questi anni – e per fortuna – ha impedito alla magistratura di indagare. Lo dimostrano le lunghe indagini e i lunghi processi celebrati. A volte l’esito non è stato quello auspicato dall’accusa (ad esempio quello sulla trattativa Stato-mafia).
Il ritornello del traditore di Stato, del manovratore occulto che nasconde la verità da decenni francamente ha un po’ stancato.
Altre volte si è arrivati al punto di condannare degli innocenti, come nel caso della strage di via D’Amelio, nonostante ci fossero tutti i segnali per smascherare le bugie dei falsi pentiti.
Per anni la Procura di Palermo ha creduto che la trattativa Stato-mafia fosse la sola e unica causa dell’accelerazione dell’eccidio costato la vita a Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Si è tralasciata ogni altra pista. Circostanza fatta notare più volte dalla famiglia Borsellino.
Oggi si torna a indagare sul dossier “mafia e appalti”. Inchiesta difficile e necessaria, il trascorrere del tempo non aiuta. Nel frattempo la politica litiga. Le telefonate Scarpinato-Natoli (il parlamentare, in quanto tale, seppure indirettamente poteva essere intercettato?) restano nel cassetto della Commissione antimafia custodite dal presidente Chiara Colosimo che le ha ricevute dai pm di Caltanissetta. Scarpinato vorrebbe che venissero rimandare indietro. Ciò non giustifica che tutta questa storia venga usata per liquidare un avversario politico. E la verità sulla strage? Dettagli.