PALERMO – Lo hanno ripetuto nel corso dei primi interrogatori. “Era d’accordo”, hanno detto. Si è voluta appartare in un angolo buio del Foro Italico, a Palermo, per avere un rapporto sessuale di gruppo. È una linea difensiva comune agli indagati finora sentiti.
Hanno tentato di smentire la denuncia della vittima, di picconare la sua credibilità gettando ombre e sospetti sul comportamento da lei tenuto la sera del 7 luglio scorso. Prima alla Vucciria, dove l’hanno incontrata, e poi nella zona della passeggiata a mare, in uno dei pochi tratti non ancora restituito alla città. Una barriera di lamiere nasconde alla vista un cantiere fermo da tempo.
Agli atti dell’inchiesta c’è una perizia, depositata dalla Procura di Palermo. Un esperto ha tracciato il profilo psicologico della diciannovenne. “Racconta ciò che ha vissuto, cancellando le emozioni, frammentando le sequenze narrative e nascondendo a se stessa il significato profondo degli accadimenti, soprattutto se dolorosi”, si legge nella perizia dell’11 agosto. Appare “fredda e distaccata”, ma è un meccanismo di difesa, una sorta di “compenso psichico”. Un tentativo di allontanare le angosce per renderle meno dolorose. I periti non hanno dubbio alcuno sulla sua “idoneità alla competenza testimoniale”. Il suo racconto è lucido.
Ieri l’unico minorenne coinvolto (ha compito 18 anni poco dopo l’arresto) è stato rimesso in libertà dal giudice per le indagini preliminari: “È incensurato e ha rappresentato una versione dei fatti dalla quale, comunque, emerge un principio di resipiscenza e di rivisitazione critica”. La Procuratrice dei minori Claudia Caramanna farà appello perché ritiene inadeguata la misura.
Il Tribunale del Riesame, invece, ha deciso di lasciare in carcere altri due indagati: Angelo Flores e Gabriele Di Trapani. Oggi è il giorno degli interrogatori di Christian Maronia, Samuel La Grassa ed Elio Arnao. Maronia è colui che, convocato in caserma, disse riferendosi ad un altro indagato: “La struppiò… lei non voleva, faceva ‘no basta’”. Secondo la Procura guidata da Maurizio de Lucia si tratta di una frase chiave registrata dalle microspie dei carabinieri. Parole che smentirebbero assieme al video la tesi difensiva del rapporto consenziente.