Palermo, Valeria Lembo "uccisa" dalla chemio: nuova condanna

Palermo, Valeria Lembo “uccisa” dalla chemio: nuova condanna

Valeria Lembo e la fatale prescrizione
Il primario del Policlinico avrebbe falsificato la cartella clinica

PALERMO – C’è una nuova condanna per la terribile vicenda che portò alla morte di Valeria Lembo, uccisa da una dose killer di chemioterapia. Sergio Palmeri, primario del reparto di Oncologia del Policlinico di Palermo, è stato condannato a un anno e sei mesi di carcere per falso.

Valeria, mamma di un bimbo di pochi mesi, aveva 34 anni. Nel 2011 le iniettarono 90 milligrammi di Vimblastina al posto di 9. Una dose talmente fuori norma che fu necessario utilizzare una flebo e non l’abituale siringa. Eppure nessuno fermo l’errore mortale. Alcuni dissero di non essersene accorti, altri di avere solo eseguito ordini. L’anno scorso Palmeri è stato definitivamente condannato dalla Cassazione per omicidio colposo a tre anni e altrettanti di interdizione dalla professione medica.

Restava un capitolo processuale aperto ed è quello che ora si è chiuso con la condanna in primo grado. Palmeri era imputato per falso. Secondo l’accusa, “per tentare di occultare le proprie responsabilità sull’omicidio colposo”, all’indomani della seduta di chemioterapia risultata mortale, avrebbe “omesso di annotare nella cartella clinica di Valeria Lembo la causa primaria del ricovero della paziente ossia il sovradosaggio di Vimblastina, sia di segnalare quanto accaduto alla direzione sanitaria”. La paziente “veniva giudicata in discrete condizioni cliniche generali”.

Il tribunale ha invece assolto dall’accusa di falsa testimonianza la caposala Anna Basile. Citata come testimone disse di non ricordare le ragioni per le quali aveva richiesto alla farmacia 10 fiale di medicinale chemioterapico. I legali dell’imputata, gli avvocati Mario Caputo e Girolamo Rizzuto, esprimono “grande soddisfazione perché finalmente è emersa la totale estraneità di Basile ai fatti di questa drammatica vicenda”.

La madre di Valeria, Rosa Maria D’Amico, il padre, Carmelo Lembo, il marito Tiziano Fiordilino e la zia Anna Maria D’Amico si sono costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Marco Cammarata e Vincenzo Barreca e hanno ottenuto un risarcimento danni. Danni che dovrò risarcire il Policlinico citato a giudizio come responsabile civile.


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