Papà Mico, quel regalo speciale e la vittoria (dopo 25 anni) della legge - Live Sicilia

Papà Mico, quel regalo speciale e la vittoria (dopo 25 anni) della legge

Parla Giuseppe Geraci, figlio del sindacalista ucciso dalla mafia

PALERMO – “Quando arrivai, vidi mio padre riverso, per terra. Mia madre cercava di sorreggerlo. La gente, intorno, era stordita. Non si capacitavano. Uno mi abbracciò e mi disse: ‘Non ti preoccupare, non ti preoccupare…’. Io mi sentivo quasi dentro un film. Ecco, ha presente le sparatorie da cinema… Solo che quella scena era concreta”.

Giuseppe Geraci, avvocato, ha quarantaquattro anni. Ne aveva diciannove quando suo papà, Mico, sindacalista incorruttibile venne assassinato. Le indagini sono sfociate in una svolta decisiva. Adesso, i mandanti hanno un nome e cognome, i boss di Trabia Pietro e Salvatore Rinella, con l’ombra sanguinaria di Bernardo Provenzano, in una letale cabina di regia.

“Questo giorno – dice l’avvocato Geraci – lo attendevamo da tanto, siamo stati sempre sul pezzo e abbiamo approfittato di ogni occasione per raccontare chi era nostro padre, come ha fatto la mamma per suo marito. Abbiamo attivato tutti i canali, per dare il nostro contributo, compresa la Commissione antimafia. Ora siamo davanti, finalmente, a una vittoria delle istituzioni”.

Questo è il commento di chi ha cercato la verità, per un lungo periodo, sul significato pubblico del raggiungimento di un traguardo così importante. Poi, ci sono i dettagli privati, impossibili da cancellare, anche nello scorrere del tempo. Cose che incidono su ciò che verrà. “Avevo già intenzione di affrontare il corso di studi in Giurisprudenza – dice Giuseppe Geraci -, l’accaduto mi ha dato ancora più determinazione, se non altro per capire i meccanismi tecnici della macchina giudiziaria. Papà era un uomo semplice, una coscienza limpida e coraggiosa. Non prometteva voli pindarici, voleva una amministrazione con le carte in regola e libera da condizionamenti mafiosi. L’ho sempre definito ‘un eroe del quotidiano’. Io oggi ho la stessa età che aveva lui, quando fu ucciso. Certi momenti insieme rimarranno eternamente impressi”.

“Ce n’è uno in particolare – ora è la voce della memoria che narra -. Quando mi sono diplomato, papà era fuori dalla scuola ad aspettarmi. Mi ha abbracciato forte e mi ha regalato un telefonino che, allora, rappresentava una rarità. Lo considero il suo dono di ingresso nella vita adulta”. Una vita da cui Mico Geraci venne esiliato con ferocia. L’ultimo ricordo di un figlio è il corpo del padre, steso a terra.

Le parole della moglie

“Una giornata importante per la nostra famiglia. Mio marito finalmente avrà giustizia”. Lo dice all’Ansa Enza Scimeca, la vedova di Mico Geraci, dopo l’arresto dei mandanti dell’omicidio del marito. “Non sono riuscita a chiudere occhio questa notte. Ci sono voluti 25 anni per conoscere i nomi dei mandanti dell’omicidio di mio marito Mico – continua – E ci sono volute le dichiarazioni di altri collaboratori. Ringrazio il lavoro dei carabinieri e della magistratura per questo primo importante traguardo senza dimenticare che adesso c’è un processo. In questi anni era stato messo pure in discussione il movente del delitto. Non cambierà nulla ma almeno avremo giustizia. Ero rassegnata. Ne parlavo proprio pochi giorni fa con mio figlio Giuseppe. Pensavamo che non avremmo mai saputo chi aveva voluto la morte di mio marito”.


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