Palermo, morto dopo l'intubazione "sbagliata": i parenti e la difesa

Paziente morto dopo l’intubazione “sbagliata”, i parenti e la difesa

I familiari hanno fatto riesumare la salma. Il legale dell'imputato smentisce l'accusa

PALERMO – Si erano chiusi nel dolore, poi hanno letto la cartella clinica e capito che bisognava approfondire. Sono stati i parenti di Antonino Scurria, deceduto nel 2019 all’ospedale Ingrassia di Palermo, a denunciare il presunto caso di malasanità ricostruito da Livesicilia.

La Procura contesta un grave errore nelle manovre rianimatorie effettuate sul paziente di 76 anni.
Sotto processo per omicidio colposo è finito Vincenzo Provenzano, medico di turno il giorno del decesso.

I pm ritengono che abbia sbagliato ad intubare l’anziano andato in shock anafilattico dopo la somministrazione di un farmaco. Il tubo sarebbe stato fatto passare dal’esofago e non dalla trachea, soffiando aria nello stomaco anziché nei polmoni del paziente nel tentativo di rianimarlo. Circostanza che emergerebbe dall’autopsia eseguita dopo la riesumazione della salma.

“Causa mal posizionamento del tubo oro tracheale in esofago – annotava in cartella clinica il medico che subentrò nel turno all’imputato – si procede a estubazione e re intubazione durante le manovre cardiorianimatorie con posizionamento nelle aree previa aspirazione”. Da questo passaggio è partita la denuncia presentata dai familiari tramite gli avvocati Luigia Scarbaci, Valentina castellucci, Mauro Torti e Corrado Nicolaci.

La difesa non ci sta: “L’errore e lo shock anafilattico non emergono dall’autopsia. Abbiamo tutti gli strumenti per dimostrarlo nel corso del dibattimento”, spiega l’avvocato Mario Bellavista.


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