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Perdono tutti, | perde la Sicilia

Il governo travolto dal commissario dello Stato. Il Parlamento sconfitto. E la Sicilia sprofondata in un'incertezza figlia della fretta e dell'approssimazione di oggi e degli eccessi sconsiderati di ieri

L'editoriale
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3 min di lettura

PALERMO – Il responso del commissario dello Stato sulla finanziaria è un uragano che travolge il Palazzo. E che mette in ginocchio un’intera classe politica, fatta a pezzi insieme alla manovra dalla mannaia del prefetto Aronica.

Quella del commissario dello Stato è una mattanza senza precedenti, per una manovra approvata in fretta e furia dall’Ars, con strafalcioni imbarazzanti. Hanno buon gioco gli avversari del governo, dalle opposizioni alla Cisl, a parlare di “improvvisazione e approssimazione” nell’azione di governo. E ci sono pochi dubbi che il primo sconfitto della giornata sia proprio l’esecutivo di Rosario Crocetta. Le norme volute dalla giunta sono cadute come mosche, fatte letteralmente a pezzi dalle obiezioni del commissario. Sì, qualcosa s’è salvato, e meno male. Ma l’impressione che si evince leggendo l’impugnativa del prefetto Aronica è quella di un lavoro costellato di lacune e svarioni. L’immagine del governo ne esce a pezzi. E anche l’assessore all’Economia Luca Bianchi, a cui in questi mesi sono sempre giunti attestati di stima bipartisan, finisce suo malgrado travolto. Le sue interlocuzioni con gli uffici del commissario evidentemente non sono servite a molto e così i suoi apprezzabili sforzi per portare trasparenza nei conti. “Questa finanziaria ha un’anima”, aveva detto l’assessore. Non è rimasta neanche quella.

Col governo affonda il Parlamento. Per lo meno la maggioranza. Che la finanziaria ha votato e che ha contribuito, in commissione e in Aula, a far diventare quello che è. Certo, i deputati possono appigliarsi all’alibi della fretta. Il presidente Giovanni Ardizzone ha incalzato per settimane il governo, chiedendo che i documenti finanziari fossero presentati tempestivamente. E invece, ci si è ridotti all’ultimo momento, con la spada di Damocle della scadenza dei contratti dei precari a imporre una trattazione frettolosa ed evidentemente inadeguata della legge. D’altronde, l’eco del dibattito di Sala d’Ercole, con interventi che resteranno negli annali non certo per il loro spessore politico, è ancora chiara nella memoria di chi ha seguito i lavori d’Aula.

Perde il governo, perde il Parlamento. Perde la Sicilia. Che spreca un’altra occasione, che si ritrova ancora una volta senza risposte e che continua a vagare a tentoni in un’incertezza drammatica. La Regione si dimena ormai come una belva morente, massacrata – e su questo Crocetta ha certo qualche ragione – da anni di scorribande che l’hanno dilaniata e che oggi presentano un conto spietato. Se la situazione dei conti è tale da limitare in un modo così asfissiante i margini di manovra della politica di oggi (una politica maldestra, che non può certo autoassolversi, sia chiaro), tanto lo si deve alla voracità e alla scarsa lungimiranza della politica di ieri, che ha vissuto come se non ci fosse un domani caricando la Sicilia di fardelli insopportabili, sotto il cui peso oggi la Regione agonizza.

Il rigore teutonico del commissario dello Stato nel 2014 può piacere o meno. Il governo e qualche deputato di maggioranza lo hanno ritenuto eccessivo, addirittura “crudele” ha detto Crocetta. Ma la massa di norme travolte è tale che è davvero difficile che la colpa di tutto sia imputabile allo zelo del prefetto Aronica. A proposito di commissari dello Stato, semmai, ci pare legittimo domandarci dove fossero e a quali criteri ispirassero la loro azione negli anni in cui il bilancio della Regione è stato appesantito da provvedimenti scellerati, da poste fantasma, da giochi di prestigio che lo hanno tenuto in piedi surrettiziamente, fino ad arrivare alla tragicità dei giorni nostri in cui all’improvviso Roma s’è accorta che il Re era nudo.


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