CATANIA – Piano di rientro a rischio. Il documento con il quale l’amministrazione comunale cercherà di ottenere la possibilità, data dal decreto cosiddetto “Salva Enti” di spalmare l’ingente indebitamento in dieci anni evitando così il default, potrebbe non essere approvato dal Ministero in tempo per salvare il Comune dal dissesto. A paventare questa possibilità, il giornalista del Sole24Ore, Ettore Jorio che, in un articolo pubblicato sul giornale di oggi, spiega il motivo per il quale tutti gli enti locali che hanno chiesto di aderire al fondo, potrebbero non ottenere una risposta positiva. A pesare, e non poco, sui conti dei Comuni, infatti, la possibile abolizione dell’Imu, l’imposta sugli immobili, parte della quale è destinata proprio alle casse degli enti locali per colmare la riduzione dei trasferimenti statali e regionali.
Secondo Jorio, “La vicenda sull’Imu contesa solleva un problema di non poco conto, oltre a suscitare dubbi sulla tenuta dell’economia dei Comuni, a cominciare dall’esercizio corrente. Sono numerose le amministrazioni municipali ad avere aderito alla procedura di riequilibrio pluriennale e a essersi obbligate a equilibri di bilancio altrimenti non conseguibili”. Insomma, la tenuta degli enti locali che ne hanno fatto richiesta sembrerebbe indissolubilmente legata all’approvazione del piano di riequilibrio decennale che questi Comuni hanno redatto e che è stato approvato dai vari consigli comunali, che hanno prima dato l’ok alla procedura anti-default e, successivamente, dovranno dare parere sullo strumento risanatore.
Secondo il giornalista del quotidiano economico, dunque, ci sarebbero oggettive difficoltà per quegli enti che hanno fatto richiesta di adesione al Piano di rientro ma che non sono rientratati nel primo elenco, proprio come il Comune di Catania. E non solo per il minore gettito derivato dall’Imu: Jorio evidenzia come, a creare problemi ulteriori agli enti locali, è intervenuta una nuova normativa che, lontano dall’agevolare il riassestamento economico dei Comuni potrebbe certificarne il definitivo tracollo.
“È così intervenuto il Dl 35/2013, impegnato oggi in un difficile percorso di conversione, che ha offerto l’opportunità agli enti locali istanti di accedere a ulteriori risorse, rispetto a quelle ordinarie messe a disposizione dal Fondo di rotazione (articolo 4 del Dl 174/2012), per soddisfare le pretese creditorie arretrate delle imprese e professionisti. Un finanziamento da restituire in un trentennio, in quanto tale incompatibile con i dieci anni concessi, come termine massimo, agli enti locali per portare a compimento il loro intervento di risanamento finanziario. A seguito di questo provvedimento si è resa, ovviamente, necessaria la previsione normativa che imponesse agli enti, che avevano già deliberato il loro strumento di risanamento decennale, di rivederlo sensibilmente, tenendo nel dovuto conto la nuova opzione offerta dal Dl 35/2013”.