CALTANISSETTA – Politici di spessore, sindacalisti, imprenditori e autorevoli esponenti delle istituzioni. Gli indagati dell’inchiesta della Squadra mobile di Caltanissetta sul sistema Montante sono ventidue. Da oltre tre anni, gli agenti della questura guidata da Giovanni Signer, sotto il coordinamento del procuratore Amedeo Bertone, hanno seguito i movimenti e i contatti del potente leader di Confindustria, da anni sotto scorta ma, secondo le indagini, a capo di un’associazione per delinquere che si sarebbe avvalsa di rapporti, strettissimi, con esponenti istituzionali di primissimo piano. Rapporti alimentati, secondo le ipotesi dell’accusa, da assunzioni e favori. Per questo, gli uomini della Mobile guidata da Marzia Giustolisi hanno scavato anche nei rapporti tra alcuni colleghi infedeli, che avrebbero rivelato notizie coperte da segreto per favorire Montante.
TUTTI I NOMI DEGLI INDAGATI – Antonio Montante, Gianfranco Ardizzone, Maurizio Bernava, Andrea Calì, Salvatore Calì, Andrea Cavacece, Angelo Cuva, Giuseppe D’Agata, Marco De Angelis, Diego Di Simone Perricone, Arturo Esposito ex direttore del servizio segreto civile, Alessandro Ferrara, Salvatore Graceffa, Andrea Grassi, Carlo La Rotonda, Salvatore Mauro, Vincenzo Mistretta, Ettore Orfanello, Massimo Michele Romano, Letterio Romeo, Mario Sanfilippo, Renato Schifani, ex presidente del Senato.
Montante è accusato di essere il capo dell’associazione per delinquere, attraverso Diego De Simone, avrebbe tenuto i rapporti con appartenenti alle forze di polizia “al fine di indirizzare le attività di costoro in maniera tale da garantiere i propri personali ineterssi e quelli di coloro che a lui sono strettamente legati e di ottenere, ai medesimi fini, informazioni di natura riservata”. Massimo Romano, imprenditore, attraverso la propria attività, avrebbe assicurato assunzioni, Gianfranco Ardizzone, comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta ed Ettore Orfanello e Mario Orfanello, del nucleo di polizia di Caltanissetta e comandante della sezione tutela Finanza pubblica, “dietro elargizione di favori per loro stessi o per amici e familiari”, avrebbero soddisfatto “gli interessi personali di Montante e di Romano”.
Giuseppe D’Agata, comandante provinciale dei carabinieri e capo centro della Dia di Palermo, nonché capo centro della Dia di Palermo e appartenente all’Aisi, avrebbe fornito a Montante “informazioni di natura riservata acquisite attraverso le attività d’ufficio condotte anche quelle eseguite sul conto dello stesso Montante”.
Diego Di Simone Perricone, Marco De Angelis, sostituto commissario della polizia di Stato prima in servizio nella Questura di Palermo, Salvatore Graceffa, vice sovrintendente della polizia di stato, avrebbero effettuato accessi abusivi al sistema Sdi reperendo informazioni di natura riservata. Di Simone avrebbe mantenuto rapporti con soggetti titolari della ditta Calì Service “al fine di bonificare gli immobili abitualmente frequentati dal Montante”. Andrea grassi, dirigente della prima divisione dello Sco di Roma, Andrea Cavacece, capo reparto dell’Aisi, Arturo Esposito, direttore dell’Aisi, avrebbero veicolato a Montante informazioni riservate.
Montante è indagato per violenza privata perché “mediante minaccia” avrebbe fatto capire ad Alfonso Cicero, ex commissario dell’Irsap, di avere a disposizione documenti sul suo conto, avrebbe fatto firmare allo stesso Cicero una lettera retrodatata rispetto alla sua audizione in commissione Antimafia, “nella quale doveva dar conto che le circostanze esposte in quella sede erano il frutto di suoi suggerimenti”.
Vincenzo Mistretta è accusato di favoreggiamento perché avrebbe aiutato Montante a eludere le investigazioni della Procura, attivandosi “per contattare persone che dovevano essere escusse dalla polizia”.
Carmelo Calì è indagato per aver aiutato Montante a eludere le investigazioni che la Procura stava eseguendo bonificando la sua abitazione. Indagato anche Andrea Calì, per aver effettuato, su richiesta di Montante, bonificato l’abitazione e le sue autovetture.
Un capo d’indagine, per simulazione di reato, vede indagati Salvatore Calì, Salvatore Mauro, Montante, Diego Di Simone Perricone e Carlo La Rotonda. Calì e Mauro avrebbe “provveduto a creare le tracce della materiale installazione di un impianto audio video” nella sala d’aspetto di Confindustria Centro Sicilia, in pratica un apparato di intercettazione, e successivamente La Rotonda avrebbe presentato una denuncia alla polizia simulando che qualcuno avesse installato, abusivamente, cimici in Confindustria.
Letterio Romeo, comandante del reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri di Caltanissetta, avrebbe “occultato” una relazione di servizio, con la quale attestava “di aver ricevuto da Antonio Montante una telefonata dal contenuto minatorio durante la quale quest’ultimo lo invitava a fare attenzione a ciò che facesse, poiché, altrimenti, gli avrebbe rotto tutti i denti, alludendo in particolare al rinvenimento, in sede di perquisizione locale eseguita nei confronti di Vincenzo Arnone, di alcune fotografie che lo ritraevano, tra gli altri, con lo stesso Arnone e con Salvatore Dario Di Francesco”.
Maurizio Bernava, leader nazionale della Cisl, è accusato di aver favorito Montante perché dopo essere stato sentito dalla Procura di Caltanissetta come persona informata sui fatti, avrebbe rivelato a Montante “il contenuto di parte delle dichiarazioni contenute nel verbale”, per il quale era stato disposto il divieto di comunicazione di fatti o circostanze oggetto dell’indagine. Giuseppe D’Agata, comandante provinciale dei carabinieri di Caltanissetta è indagato di corruzione per aver fornito informazioni riservate e per aver bonificato, senza autorizzazione, alcuni immobili di Montante, in cambio della promessa dell’interessamento di Montante “affinché la moglie venisse dapprima nominata e successivamente confermata quale presidente dell’Ias Spa di Siracusa. D’Agata avrebbe rivelato anche notizie coperte da segreto istruttorio.
Un corposo capo d’indagine per corruzione vede indagati Montante insieme all’imprenditore Massimo Romano e a Ettore Orfanello, comandante del nucleo di polizia Tributaria della guardia di finanza di Caltanissetta, “per aver orientato e per orientare attività di verifica, controllo fiscale e d’indagine in senso favorevole alle società riconducibili ad Antonio Montante, Massimo Romano e a quelle di soggetti segnalati dallo stesso Montante”, in cambio, sarebbe stata assunta Maria Rosaria Tirrito alle dipendenze del Confidi di Caltanissetta e sarebbe stata promessa la sua assunzione in uno dei supermercati riconducibili ai Romano e in una impresa di vigilanza. Montante è indagato con Massimo Romano e Gianfranco Ardizzone, comandante provinciale della guardia di finanza di Caltanissetta, “per aver indirizzato e consapevolmente avallato l’operato di Orfanello e Mario Sanfilippo”, che avrebbero effettuato controlli fiscali favorevoli a Montante e Romano, in cambio dell’assunzione della figlia Giuliana nel Confidi di Caltanissetta. Montante si sarebbe interessato anche per il trasferimento di Ardizzone alla Dia di Caltanissetta.
Sanfilippo, del nucleo di polizia tributaria di Caltanissetta, è accusato di corruzione insieme a Massimo Romano, “per aver compiuto attività di verifica, controllo fiscale e d’indagine in senso favorevole alle società riconducibili a Antonello Montante e Massimo Romano”, in cambio dell’assunzione della sorella Calogera alle dipendenze della società Max Market Srl di Romano e alla promessa di assunzione del figlio Davide alle dipendenze di Carmelo Carbone”.
Alessandro Ferrara, dirigente regionale, è attualmente commissario del Fondo Pensioni della Regione. L’indagine nei suoi confronti per favoreggiamento personale fa riferimento al periodo in cui era dirigente generale del dipartimento Attività produttive. Secondo l’accusa Ferrara “avrebbe aiutato Montante ad eludere le investigazioni che la Procura stava eseguendo sul conto dello stesso”.
Sono tre i capi d’imputazione che riguardano Renato Schifani. Nel primo l’ex presidente del Senato è accusato di rivelazione di segreti d’ufficio assieme all’ex direttore della prima divisione dello Sco Andrea Grassi, del capo reparto dell’Aisi Andrea Cavacece e del docente dell’Università di Palermo Angelo Cuva. Secondo l’accusa, Grassi – dopo aver appreso la notizia dalla squadra mobile di Caltanissetta – avrebbe rivelato a Cavacece che erano state disposte delle intercettazioni nei confronti di Montante e che il colonnello D’Agata fosse indagato nello stesso procedimento in cui era coinvolto l’ex presidente di Sicindustria. Cavacece, sostiene sempre l’accusa, a sua volta avrebbe rivelato che vi erano intercettazioni nei confronti di Montante sia al suo capo, il generale Esposito, sia a D’Agata. A quest’ultimo, però, non avrebbe detto che era indagato, cosa che invece avrebbe riferito al direttore dell’Aisi. Quest’ultimo, tramite D’Agata, avrebbe fatto arrivare a Montante la notizia che era intercettato. Sempre Esposito, si legge ancora nel capo di imputazione, avrebbe rivelato a “Valerio Blengini – affinché si recasse da Bruno Megale, questore di Caltanissetta, al fine di attingere informazioni – e a Renato Schifani, la notizia…che D’Agata fosse indagato”. Ed è a questo punto che entra in gioco Schifani. L’ex presidente del Senato “rivelava a Cuva la notizia, veicolata dal Grassi ed appresa dal generale Esposito, che D’Agata fosse indagato”. Cuva, infine, riferì le informazioni allo stesso D’Agata. Schifani – assieme a Esposito e Cuva – è anche indagato per aver detto al professore, dopo averlo appreso dall’ex direttore dell’Aisi, che erano state disposte delle intercettazioni nei confronti della moglie di D’Agata. L’accusa di favoreggiamento, con Cuva, fa invece riferimento al fatto che i due “aiutavano Montante e D’Agata ad eludere le investigazioni che la procura della Repubblica di Caltanissetta stava eseguendo sul loro conto”.
LA NOTA DI SCHIFANI. “Apprendo con stupore l’indagine a mio carico riguardo una mia presunta condotta, che è assolutamente inesistente. Mi riservo, piuttosto, di denunciare per millantato credito chi per ipotesi mi ha coinvolto e fin d’ora sono a disposizione dell’Autorità giudiziaria per comprendere meglio la vicenda ed avviare tutte le iniziative opportune, al fine di tutelarmi da un’accusa palesemente infondata. Rivendico, infine, che non ho mai avuto alcuna amicizia o frequentazione con il signor Montante, a dimostrazione dell’assoluto disinteresse nei confronti di quest’ultimo”. Lo dichiara il senatore di Forza Italia, Renato Schifani.
LA NOTA DELLA CISL. Maurizio Bernava non è più segretario confederale della Cisl dalla quale è uscito oltre un anno fa. Lo rende noto la stessa organizzazione sindacale. Attualmente Bernava è dirigente di Fondimpresa, il Fondo interprofessionale per la formazione continua di Confindustria.
LA NOTA DI BERNAVA. “Apprendo solo nel pomeriggio di oggi e solo attraverso notizia pubblicata da agenzie di stampa che il sottoscritto sarebbe indagato dalla Procura di Caltanissetta in merito alla vicenda giudiziaria che ha coinvolto Antonello Montante. Ci tengo ad esprimere il mio totale stupore nell’apprendere tali notizie riferite alla mia persona visto che fino a questo momento non ho ricevuto alcuna informativa o nessun provvedimento da parte dell’Autorità giudiziaria. Per tal motivo ho dato immediato mandato al mio legale per attivarsi nei confronti della Procura per acquisire informazioni nel merito e comprendere, qualora esistesse, il motivo di un mio eventuale coinvolgimento. Sono altresì sereno in quanto consapevole che nelle mie attività e relazioni istituzionali ho sempre agito con correttezza, rettitudine e rispetto delle regole”. Lo dichiara Maurizio Bernava.