Polizia penitenziaria, altri reclusi | "No alla diffusione del Covid" - Live Sicilia

Polizia penitenziaria, altri reclusi | “No alla diffusione del Covid”

L'appello al presidente del Consiglio. Il mondo del carcere è in subbuglio.

Coronavirus
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PALERMO- Chi conosce gli agenti di polizia penitenziaria – i tantissimi che svolgono il loro lavoro con l’umanità necessaria come ingrediente della professionalità – sa quanto siano preziosi ed esposti all’interno di un carcere. Loro sono gli altri ‘reclusi’, con il non trascurabile particolare di essere innocenti. Non pagati a sufficienza, spesso non trattati bene dall’opinione pubblica per via di pregiudizi: è normale che, nei giorni del Coronavirus, abbiano una sana paura.

“Illustrissimo Presidente del Consiglio, Le portiamo l’accorato e responsabile appello dei Dirigenti e Funzionari di Polizia Penitenziaria, i quali dallo scorso 8 marzo stanno fronteggiando insieme ai loro uomini la grave crisi inframuraria. Da un lato, i disordini hanno evidenziato il coraggio e il senso del dovere del personale nell’affrontare le rivolte, e dei Comandanti nel gestirle, questi ultimi senza peraltro averne i poteri, in assenza di un’organizzazione efficiente nella sua struttura operativa. Dall’altro, l’emergenza sanitaria ha trasformato gli istituti penitenziari in una bomba ad orologeria”. Lo scrivono i dirigenti e i funzionari della Polizia Penitenziaria, tramite il sindacato DirPolPen,  al presidente del Consiglio.

“Presidente – si legge – Le poniamo i seguenti interrogativi: abbiamo la certezza che il virus in carcere non si diffonda? Ed in caso di sommosse o altre rivolte, il Governo è in grado di inviare squadre antisommossa per fronteggiare detenuti avviliti e disposti a tutto? Se la risposta è sì, allora ci ritiriamo in buon ordine. Se, invece, la risposta non è affermativa, allora chiediamo alla SV di valutare urgentemente forme deflattive più consistenti, che senza passare per amnistie o indulti, deflazionino sensibilmente le presenze dentro le mura e permettano una gestione più lineare dell’emergenza. Non aspettiamo che virus si diffonda nelle carceri”.

Il carcere è sempre un luogo delicatissimo, oggi è una trincea pericolosissima. Ha detto Pino Apprendi, presidente di Antigone Sicilia: “Il problema è molto serio, pur apprezzando lo sforzo dei magistrati di sorveglianza, dei direttori e del personale, dobbiamo gridarlo che il carcere sovraffollato è una polveriera. Lo è sempre, ma ancora di più al tempo del Coronavirus, quando il contagio è così pervasivo. Perfino prescindendo, e il mio è solo un paradosso, dalle ragioni umanitarie, immaginiamo il costo sociale? Se detenuti e agenti penitenziari si ammalassero, pensiamo al carico sugli ospedali e sulle terapie intensive?”.

La richiesta di un intervento è dunque diffusa e motivata. Vede insieme i sindacati della polizia penitenziaria e le associazioni che si occupano dei detenuti. La domanda, a questo punto, è semplicissima: qualcuno farà qualcosa?


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