CATANIA. “I collaboratori di giustizia dicono che l’imputato era a disposizione di Cosa Nostra e in modo particolare a disposizione dell’ala di Ercolano, che era considerato un amico e loro ne garantivano gli interessi”. È uno dei passaggi della requisitoria del Pm Fabio Regolo, che è ripresa ieri mattina al processo a carico dell’editore e noto imprenditore catanese Mario Ciancio Sanfilippo, difeso dagli avvocati Carmelo Peluso e Giulia Bongiorno. Al dibattimento si sono costituiti parte civile l’associazione Libera, l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, la famiglia del commissario Beppe Montana e il Comune di Catania.
L’udienza di ieri, sostanzialmente, è stata concentrata sugli affari di Ciancio e sulle attività le cui realizzazioni, secondo gli investigatori, porterebbero a confermare, in qualche modo, l’assunto dell’ipotetico concorso esterno di Ciancio con il clan Santapaola-Ercolano; proprio negli anni in cui questi ultimi, sostanzialmente, si imponevano come il gruppo mafioso più potente della parte centro-orientale della Sicilia. Il contesto generale di Cosa Nostra, del resto, i Pm Antonino Fanara e Agata Santonocito lo avevano già ricostruito alla scorsa udienza, in cui erano state trattate singolarmente le tesi dei collaboratori di giustizia sentiti nel corso del dibattimento e che hanno parlato di Ciancio.
Gli affari trattati in aula, tutti di una certa rilevanza, sono legali, ovviamente, ma su di essi si è accesa la lente d’ingrandimento degli investigatori proprio nell’ottica dell’ipotetico concorso esterno. Saranno approfonditi ulteriormente nella prossima udienza, in programma il 20 marzo, giorno in cui la requisitoria dei pubblici ministeri riprenderà per concludersi con le richieste finali, dopo aver parlato, ha annunciato il Pm, della “linea editoriale”, di altri aspetti legati agli affari e poi “velocemente degli aspetti patrimoniali”. Sta di fatto che poi sono in programma altre udienze di un processo che potrebbe concludersi entro la prossima primavera. Per primi, nell’udienza successiva, la parola passerà ai legali di parte civile.
Alla scorsa udienza, il Pm Fanara aveva definito il processo “complesso”, ricostruendo quella che ha definito la “complessità della vita dell’imputato” e il fatto che il materiale prodotto si sarebbe “formato con circa 60 faldoni e solo 27 udienze”, contenute solo perché molto materiale è stato acquisito con il consenso delle difese: altrimenti “ci sarebbero volute altre 15 udienze”. Sono stati sentiti numerosi collaboratori di giustizia, che in qualche modo avrebbero parlato dell’ipotetico rapporto di Ciancio con esponenti di Cosa Nostra.