Processo Gotha: mafia ed estorsioni - Live Sicilia

Processo Gotha: mafia ed estorsioni

Si è concluso il processo con rito ordinario scaturito dall’inchiesta contro il clan Brunetto.

La sentenza
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CATANIA. Dura condanna a 10 anni e 6 mesi per il 43enne giarrese Giovanni Calì, imputato per associazione mafiosa nell’ambito del processo con rito ordinario scaturito dall’inchiesta denominata Gotha. Assolti, invece, gli altri quattro imputati, Salvatore Blanco, Alfio Maio, Carmelo Porto e Giuseppe Tornabene, accusati a vario titolo di traffico e detenzione di sostanze stupefacenti e di estorsione, aggravati dall’aver agevolato il clan Brunetto. Così hanno deciso i giudici della seconda sezione penale del tribunale di Catania, presieduta da Carmen La Rosa. Accolta in pieno la richiesta di condanna del pubblico ministero per Giovanni Calì. Non così per gli altri imputati, per i quali il pm aveva chiesto esemplari condanne. A 12 anni per Carmelo Porto e Giuseppe Tornabene ed a 9 anni per Salvatore Blanco ed Alfio Maio.

LE REAZIONI. “Sono ampiamente soddisfatto per i miei assistiti – commenta Ernesto Pino, difensore di fiducia di Blanco, Porto e Tornabene – e per la correttezza ed il rigore logico dimostrato dal tribunale”. Di tutt’altro tenore, invece, le dichiarazioni dei legali di Calì, Giuseppe e Francesco Trombetta. “Attendiamo le motivazioni della sentenza – hanno detto – ma preannunciamo già il ricorso in appello”. Nella loro arringa, prima di chieder l’assoluzione per il proprio assistito, i legali avevano definito le parole di Calì, intercettate dai carabinieri della Compagnia di Giarre nel corso delle indagini sulla scomparsa di Giorgio Curatolo, probabile vittima di lupara bianca, pura e semplice millanteria. L’organigramma del clan Brunetto svelato dall’imputato, su cui si basa buona parte dell’accusa, per la difesa sarebbe solo frutto di notizie raccolte per strada e prive di alcun fondamento. Una tesi che non ha convinto i giudici, che hanno evidentemente ritenuto l’imputato organico al clan.

L’INCHIESTA. Sono due le inchieste, aperte a distanza di 4 anni, a sfociare nell’operazione “Gotha”, con cui nel novembre del 2014 viene di fatto decapitato il clan Brunetto, operante principalmente tra i territori di Fiumefreddo di Sicilia, Mascali, Giarre e Riposto. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere raggiungono Salvatore Brunetto, fratello dello storico boss Paolo, Pietro Carmelo Olivieri, Alfio Patanè e Rosario Russo. Pochi mesi prima era finito in manette anche Benedetto La Motta. La prima indagine viene aperta dai carabinieri della Compagnia di Giarre nei giorni successivi alla scomparsa di Salvatore Vadalà, 22enne di Fiumefreddo di Sicilia, il cui corpo viene ritrovato l’8 dicembre del 2008 in un agrumeto di Mascali. La seconda attività investigativa, invece, viene avviata nel 2012 all’indomani della scomparsa di Giorgio Curatolo. Di quest’ultimo non si avrà più alcuna notizia. In entrambi i casi le piste battute dagli investigatori sembrano condurre al clan Brunetto ma non emergono prove sufficienti ad inchiodare i presunti responsabili. Nel corso delle intercettazioni disposte per far luce sui due casi irrisolti si delineano però le gerarchie all’interno del clan. Nel processo con rito abbreviato il gup di Catania Alessandro Ricciardolo pronuncia dure condanne. Sono 12 gli anni inflitti a Salvatore Brunetto, 8 ad Alfio Patanè e 7 a Carmelo Olivieri e a Benedetto La Motta. Assolto, invece, Rosario Russo.


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