Quel cristianesimo | che sa di razzismo - Live Sicilia

Quel cristianesimo | che sa di razzismo

È una religione spaventapasseri, buona per tenere lontane le paure.

Voci dalla comunità
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Non so dire se questi tempi siano peggiori o migliori di altri. So però che questo è un tempo molto religioso. Non lo dico in senso positivo o negativo. C’è stata una stagione in cui si diceva che le religioni sarebbero sparite dall’orizzonte della storia umana, ridotte ad un ruolo marginale nella vita dei popoli e delle persone, buone, al massimo, per offrire consolazione a pochi individui incapaci di dare un senso autonomo alla propria vita. Insomma, la storia millenaria delle sapienze religiose sarebbe stata spazzata via dall’avanzare del progresso e dal sapere tecnico-scientifico.

Mai profezia si è rivelata più fallace. Le religioni hanno trovato, non da oggi, un nuovo protagonismo. Pensiamo all’Islam, ma non solo. L’universo pentecostale acquisisce consensi e sottrae fedeli alle chiese storiche in Sud America e in vaste zone dell’Africa. Anche in Europa è tornato di moda il cristianesimo. Gli europei, impauriti dalla globalizzazione, si sono riavvicinati alla vecchia e rassicurante identità cristiana.

Ma quale versione della religione cristiana sembra tornata in auge? Accanto ad un popolo che vive con consapevolezza la propria fede e la necessità della chiesa in uscita di cui parla papa Francesco, esiste un mondo che si rifà al cristianesimo ma è lontano dal vangelo, attrezzato ideologicamente e ben finanziato (penso a Steve Bannon e ad altri), che trova largo spazio in rete. È un cristianesimo spaventapasseri, che si definisce per negazione, vuoto dentro ma utile per difendersi. Una religione senza. Senza poveri. Al posto del povero c’è il connazionale, che può essere povero o meno, non ha importanza, viene sempre prima. La terra e il sangue compongono l’inno del nuovo/antico paganesimo. La misericordia si manifesta verso chi è simile a me. O verso chi ritengo sia simile a me.

Coloro che condividono sul web le finte foto dei terremotati di Amatrice, in chiave antimigranti, si immedesimano con le vittime del terremoto e non con quanti naufragano in mare, pur non avendo mai avuto nessuna delle due esperienze e non avendo mai, probabilmente, portato aiuto né ad uno straniero né ad un italiano.

Senza popolo. Al suo posto c’è un soggetto rancoroso e privo di legami, che si pensa come un’isola in un oceano di disperati. Il popolo di cui parla non ha nulla a che fare con la chiesa, popolo di Dio in cammino nella storia. È un popolo di individui, che si definisce per esclusione rispetto agli altri e ha bisogno di un nemico da indicare, che siano i migranti, le banche o i politici. Tanto più il nemico è astratto e lontano, meglio è. L’Italia, uno dei paesi con meno immigrati in Europa, è tra quelli in cui si diffonde di più la xenofobia.

Alla fine, è anche una religione senza Dio. Il cristianesimo identitario non ha bisogno di trascendenza né, tantomeno, del Dio personale di cui parlano le Scritture. Se anche lo nomino di tanto in tanto, quel Dio mi serve solo come etichetta, per vendere meglio le mie convinzioni nel grande mercato dei valori. A che serve un simile cristianesimo? A null’altro serve che ad essere gettato via, come sale senza sapore, direbbe qualcuno. Ma non è vero. Una religione del genere presenta molti vantaggi e non chiede nulla in cambio. Tra l’altro, sembra una cristianesimo fatto su misura per le campagne elettorali, ricco com’è di simboli e di segni da esibire.

Lo staff di Matteo Salvini, che nel comizio finale prima delle ultime elezioni esibisce il rosario e il vangelo, non ha dovuto fare molta fatica per indicargli quali segni agitare davanti le telecamere. Non ci sarebbe molto da dire su un fenomeno del genere, se non trovasse largo seguito anche presso alcuni settori di coloro che si definiscono credenti. E anche, purtroppo, presso una rumorosa minoranza ecclesiale. Questo cristianesimo senza, usato in funzione difensiva, separato dalla cultura e dalla storia, può essere più comodo da proporre ai propri fedeli ma è altra cosa dalla tradizione che ci è stata trasmessa in duemila anni.

È una religione spaventapasseri, buona per tenere lontane le paure di un cielo divenuto troppo vuoto. La sua vittoria sarebbe la fine del cristianesimo. Ecco perché in questi tempi si gioca una battaglia religiosa, non solo politica. Questo non significa essere pessimisti. La chiesa riscopre una nuova vitalità evangelica in un tempo di lotta. In realtà, questo è un buon tempo per essere cristiani. E per essere uomini.


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