Ma che voglia di mafia che c’è in giro. Ma quanto è atroce e adorabile l’immagine di una Sicilia irredenta che calza la coppola e dice ‘sabbenerica vossia’, invece di ‘ciao’, salutando il prossimo col ghigno di un padrino.
Ammazzano due persone a Palermo: uno è imparentato con un paio di un boss. Scatta il riflesso pavloviano che insaliva le labbra del mafiologo di turno. Cosa di Cosa nostra fu. Cronisti incartapecoriti vengono disseppelliti dagli archivi delle redazioni, dove ormai passano le pagine di Enna, per essere sottoposti ad accurato interrogatorio dai colleghi. La cabala delle parentele è un lancio di dadi: il tale era cognato di… cugino di… mezzo parente di… E quando un amico di Vincenzo Bontà – l’imparentato – si ostina a dire che la vittima era un uomo simile al suo nome, un tipo gentile, sganciato da contesti pericolosi, una persona affabile, l’informazione si liquida con un’alzata di spalle. Mafia fu. E basta.
Irresistibile è il profumo della lupara, pure quando non esplode la sua rosa di pallettoni. Languida è questa Palermo macchiata di sangue improvvisamente ammafiato, come ai bei tempi, quando la cronaca era la cronaca, quando i segugi erano i segugi, quando la mafia era forte e vinceva e dunque c’era bisogno di una agguerritissima antimafia dei puri, quando nei giornali i titoli erano gridati e recavano la notizia macabra dell’ultimo morto ammazzato. E ci siamo cascati tutti.
Poi, a sera, l’informazione assume connotati differenti. Ha scritto il nostro Riccardo Lo Verso: “Alla fine la pista mafiosa si è sgretolata davvero. Per l’omicidio di via Falsomiele, a Palermo, sono stati fermati due insospettabili”. Aggiunge Rodolfo Ruperti, capo della Mobile: “La pista mafiosa sembra non esserci più, anche se si deve chiarire il movente”. Al netto della prudenza logica dell’investigatore, il messaggio appare intellegibile: non fu cosa di cosca. Cosa fu è ancora presto per dirlo e niente davvero – nemmeno la lupara, in fin dei conti – può essere escluso.
Intanto, ecco lo smacco della voglia di mafia che non trova più di che saziarsi. Resta inesploso l’allarme degli immancabili esperti contro i clan che si rimettono a sparare ‘in cerca di nuovi equilibri’. Certi titoloni listati in rosso appassiscono nella bozza del redattore capo. Si smorza l’altolà degli antimafiosi professionisti. Tutta l’epopea macabra che aveva cominciato a risplendere, di colpo, si ammoscia. Il vecchio cronista viene riaccompagnato in archivio, a meditare sulla banalità dei tempi. Non ci sono più nemmeno i delitti di una volta, commare mia.