PALERMO – La Regione mette il bavaglio ai suoi dipendenti. Nessuno, tra i circa ventimila regionali po’ permettersi il lusso di lamentare agli organi di informazione il proprio disagio o il proprio fastidio. Magari per gli effetti delle azioni di un governo che parla di “rivoluzione” ma che ha causato, inevitabilmente, un ritardo nei confronti dell’erogazione degli stipendi e persino la scomparsa delle poste in bilancio per molti lavoratori di enti collegati a Palazzo d’Orleans.
No, i dipendenti regionali devono tacere. Ed evidentemente non sono piaciute, al governo Crocetta, le esternazioni di qualcuno dei lavoratori, che ha raccontato, ad esempio proprio dalle pagine di questo giornale, la propria preoccupazione per i contrattempi legati alla propria busta paga.
Una nota, molto dura, diffusa dal ragioniere generale Mariano Pisciotta, infatti, addirittura fa riferimento alle possibili conseguenze, di natura disciplinare, nelle quali potrebbe incorrere il dipendente “chiacchierone”. Una lettera che – nelle intenzioni del capodipartimento – mette finalmente nero su bianco quella che era stata una disposizione “verbale”. Un avviso, non formalizzato. Che adesso trova spazio nelle sedici righe della lettera, inviata ai dirigenti responsabili delle aree, sei Servizi e delle Unità di staff del dipartimento Bilancio e Tesoro.
“Con riferimento – scrive Pisciotta – alle recenti notizie riportate dai mezzi di comunicazione su argomenti riconducibili all’attività istituzionale di questa Ragioneria generale si ribadisce, come già più volte evidenziato verbalmente – prosegue la nota – che i rapporti con gli organi di stampa non devono in nessun caso essere intrattenuti direttamente dal personale sia dirigente che del comparto”.
I dipendenti, quindi, stiano zitti. Diritto di parola concesso solo all’assessore: “Il rilascio di dichiarazioni riguardanti l’attività istituzionale di questo dipartimento ai predetti organi di stampa – si legge sempre nella lettera di Pisciotta – compete esclusivamente all’organo politico che provvede secondo le modalità dallo stesso stabilite”.
Ma paradossale è il passaggio successivo, col quale il ragioniere generale spiega come comportarsi nel caso in cui un cronista dovesse chiedere un parere a un dirigente o a un funzionario della Regione. “Pertanto – scrive Pisciotta – le S.S. L.L. responsabili di Uffici e tutto il personale assegnato alle corrispondenti strutture, cui la presente dovrà essere portata a conoscenza, dovranno astenersi dal fornire qualsiasi informazione agli organi di stampa e – ecco illustrate le istruzioni in caso di ‘contatto’con un giornalista – se eventuali richieste dovessero pervenire direttamente, le stesse dovranno essere dirottate allo scrivente che provvederà a raccordarsi con l’organo politico”.
Per intenderci: se un giornalista avesse bisogno di chiedere un chiarimento a un dirigente, lo stesso dirigente non potrà rispondere, ma dovrà dire gentilmente al giornalista: “Inoltrerò la sua richiesta al Regioniere generale”. Quest’ultimo, certamente con solerzia, si rivolgerà all’organo politico, cioè all’assessore. Che, tra una giunta di governo, una seduta d’Aula, un’audizione in Commissione, troverà anche il tempo per valutare la “portata” del chiarimento richiesto dal cronista. Alla fine di questa trafila degna di un racconto di Kafka, il cronista potrà sperare di ottenere una risposta. Sempre se l’organo politico lo ritiene opportuno.
Una cosa è certa: il dipendente che non azionerà questo perverso meccanismo comunicativo, potrebbe rischiare in prima persona: “E’ appena il caso di sottolineare – prosegue la nota di Pisciotta – che l’inosservanza delle disposizioni ivi contenute comporterà l’adozione di adeguati provvedimenti disciplinari”. Insomma, il regionale stia zitto. O verrà punito. Alla faccia della rivoluzione.