BARCELLONA POZZO DI GOTTO (MESSINA) – Rifiuti abbandonati nell’alveo dei torrenti, i carabinieri hanno notificato 59 avvisi di conclusione delle indagini preliminari: è scattata la seconda fase dell’inchiesta che ha portato al sequestro di 14 autocarri.
Rifiuti, le indagini
Le indagini sono chiuse, i militari di tre stazioni dei carabinieri, Barcellona, Terme Vigliatore e Merì, hanno identificato 59 persone, dopo l’operazione di tutela ambientale scattata a fine settembre. Ben 14 autocarri, del valore di un milione di euro, sono stati sequestrati: erano utilizzati per scaricare abusivamente rifiuti di ogni genere nell’alveo di alcuni torrenti, ma non solo.
Uno scempio ambientale
Un vero e proprio scempio ambientale, hanno accertato i carabinieri, analizzando i filmati registrati dalle telecamere nascoste, “con la riduzione dei torrenti – scrive la Procura guidata da Giuseppe Verzera – sottoposti a vincolo paesaggistico e largamente prosciugati per lunghi periodi dell’anno, ad una vera discarica, facendone oggetto di una selvaggia aggressione ambientale”.
Rifiuti incendiati
“Gli indagati – scrivono gli investigatori – con più condotte ripetute nel tempo e documentate dal maggio al dicembre 2022, in più punti dei torrenti, in assenza di alcuna autorizzazione, avevano trasportato e sversato nei greti dei fiumi rifiuti di vario tipo, anche pericolosi e in particolare scarti delle attività di impresa, tra cui materiale edile, in ferro, legno, fino ad arrivare a derivati della lavorazione di alimenti o prodotti da animali da allevamento. In alcuni casi, i rifiuti, dopo essere abbandonati, erano stati addirittura incendiati, con fiamme che avevano prodotto un’intensa nube di fumo e che non si erano propagate grazie alle non favorevoli condizioni metereologiche”.
Le accuse
A vario titolo, gli indagati sono accusati di “realizzazione di discarica abusiva”, “combustione illecita di rifiuti”, “abbandono di rifiuti” e “deturpamento beni naturali”. Il Gip ha parlato di persone “totalmente insensibili alla salvaguardia del patrimonio naturalistico nel cui ambito pure loro vivono e operano”, di “non seguire le procedure – affrontando i relativi costi – normativamente previsti per lo smaltimento dei rifiuti, e così rovinando, in maniera che appare irreversibile, un patrimonio naturalistico che appartiene all’intera collettività”. Non si contano i privati residenti nelle stesse zone in cui sversavano i rifiuti, adesso rischiano fino a due anni di reclusione.