RIPOSTO (CT) – Salvatore La Motta, killer ergastolano di mafia in permesso premio, ha ucciso due donne a colpi di pistola, poi si è suicidato con la stessa arma. Per trovare il movente si indaga sulle relazioni sentimentali che legavano le tre vittime.
L’orrore a Riposto inizia intorno alle 8:30 del mattino. Qualcuno nota una donna accasciata sul volante di una Suzuki Ignis ferma sul lungomare nella zona del porto turistico. Le hanno sparato un colpo di pistola calibro 38 al volto. La vittima è Carmelina Marino, 48 anni. Non era sposata. Il delitto è stato ripreso dal sistema di videosorveglianza di un distributore di carburanti. L’assassino è arrivato in auto, è sceso dall’auto che non guidava lui, ha aperto lo sportello della Suzuky lato passeggero e ha sparato.
Mentre i carabinieri della compagnia di Giarre e del Comando provinciale di Catania eseguono i primi rilievi giunge una telefonata al 112. Poco distante un’altra donna, Santa Castorina, 50 anni, baby sitter, non sposata, viene freddata con due colpi di pistola al viso appena scesa dalla sua Fiat Panda in via Roma. Il suo cagnolino, un barboncino, rimane nella vettura. Tentano invano di rianimarla.
Il più tragico degli epiloghi si verifica intorno a mezzogiorno, quando Salvatore La Motta, 63 anni, si presenta alla caserma dei carabinieri. A contattarlo è il suo legale, l’avvocato Antonino Cristofero Alessi. Il penalista è stato convocato per l’interrogatorio di un parente di La Motta. Quando sente pronunciare il cognome lo chiama: “Gli ho detto che lo cercavano e di venire subito. C’eravamo visti ieri pomeriggio, come accadeva spesso. Come tutti gli altri detenuti in semi di libertà godeva di 45 giorni di permesso all’anno. Era tranquillo, nulla che facesse pensare ad una tragedia simile”.
La Motta si presenta armato. I carabinieri gli dicono di abbassare l’arma, lui sembra volersi arrendere, ma poi punta la punta alla tempia e fa fuoco.
Chi era il killer e cosa lo ha spinto ad uccidere le due donne? Il grilletto lo aveva già premuto 30 anni fa. Stava infatti scontando l’ergastolo per l’omicidio di Leonardo Campo, assassinato il 4 gennaio del 1992 da un commando di fuoco davanti a un bar. Tra gli assassini c’era pure La Motta. Campo era uno dei capi storici della criminalità organizzata di Giarre.
La Motta, detenuto dal 199, era in semilibertà. Di giorno lavorava in uno stabilimento caseario nel Catanese, di notte rientrava a dormire in carcere ad Augusta. Oggi scadeva l’ultimo dei sette giorni di licenza premio.
Perché ha fatto fuoco? Si scava nella vita, sua e delle donne. Con una aveva una relazione. I rapporti con la seconda vittima sono da chiarire. Forse sarebbe stata proprio la sua presenza a rompere gli equilibri della relazione intrattenuta da La Motta. Sul contesto passionale si concentrano le indagini coordinate dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Si indaga anche sul rapporto che legava le due donne.
Il suo sembra essere stato un piano di morte programmato nei dettagli. Conosceva gli spostamenti delle vittime e li ha colpite in due luoghi che distano una manciata di minuti in auto l’uno dall’altro. Ed è proprio l’uomo che lo avrebbe accompagnato in macchina sul lungomare di Riposto che viene sentito dai carabinieri. È indagato per concorso in omicidio.