Riti voodoo e schiave del sesso |Arrestati 7 trafficanti - Live Sicilia

Riti voodoo e schiave del sesso |Arrestati 7 trafficanti

I carabinieri hanno scoperto un sistema inquietante.

Inchiesta della DDA di Catania
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CATANIA – Sgominato gruppo di trafficanti di esseri umani. Al termine di una delicata inchiesta della Dda di Catania i Carabinieri del Ros, di Lecce, Roma, Verona e Sassari tra l’8 e il 10 luglio hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette persone accusate di “associazione finalizzata al traffico di esseri umani, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e plurime ipotesi di tratta di esseri umani”.

I NOMI. In manette sono finiti Joy Ewemande, nata a Benin City (Nigeria) il 18.05.1977, residente a Castel d’Azzano (VR); Blessing Isibor, nata in Nigeria il 12.10.1991 e residente a Sassari (SS); Evelyn John, nata in Nigeria il 24.10.1986, residente a Roma; Jacob Kennedy, nato a Benin City (Nigeria) il 05.02.1988 residente a Palestrina (Roma); Iyare Ovbiebo, nato ad Aduhanhan (Nigeria) il 17.02.1975 e residente a Castel d’Azzano (VR); Vivian Onohio, nata a Benin City (Nigeria) il 24.05.1978, residente a Castel d’Azzano (VR); Loveth Ohnegbonwman, nata a Benin City (Nigeria) il 02.04.1974, residente a Roma.

L’INCHIESTA. L’inchiesta (condotta dal Ros e dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Lecce) parte dalla denuncia di una donna nigeriana a cui era arrivata una richiesta di riscatto per il rapimento della figlia. La madre racconta agli inquirenti che la giovane figlia era stata rapita da un’organizzazione criminale che inseriva le nigeriane nel mondo della prostituzione e che avevano richiesto il pagamento di 30 mila euro per liberare la ragazza. Le indagini però hanno permesso di appurare che la minorenne aveva deciso autonomamente di affidarsi ai trafficanti e di raggiungere l’Italia. Dalle intercettazioni scattate a seguito della denuncia i Carabinieri sono riusciti a individuare l’organizzazione criminale costituita da più gruppi che aveva diverse basi logistiche nel nord Africa, in particolare in Libia nelle città di Sebha, Sabratha e Tripoli.

Le indagini hanno permesso di seguire in diretta il viaggio della figlia minore della nigeriana che aveva denunciato il caso e anche di altre ragazze che sarebbero destinate al mercato della prostituzione. Alcune di loro hanno collaborato con gli inquirenti permettendo di blindare l’apparato probatorio a carico dei presunti trafficanti di esseri umani.

Dall’inchiesta emergono anche alcuni dei tratti più inquietanti del traffico di esseri umani e sulla tratta delle schiave del sesso. Le vittime, molte volte minorenni, sarebbero state scelte e reclutate in Nigeria dagli stessi parenti che avevano collegamenti con i trafficanti in Italia. Il reclutamento avveniva in base all’età, alle fattezze fisiche e all’eventuale verginità della giovane.

L’altro aberrante profilo è quello relativo al viaggio della speranza. I migranti, prima di intraprendere il lungo percorso, vivevano in edifici fatiscenti. Gli investigatori parlano di “umiliazioni psicologiche e violenze fisiche”. I racconti sono drammatici: “Il viaggio, effettuato con mezzi di fortuna, a volte con l’utilizzo di biciclette da parte di due o addirittura tre persone contemporaneamente per attraversare il confine con il Niger con l’ordine perentorio di abbandonare nella savana l’eventuale passeggero che, stremato dalla stanchezza, non era in grado di continuare il viaggio”, si legge nel comunicato stampa. Ancora più tragici le rivelazioni “sui momenti dell’attraversamento del deserto al confine tra Niger e Libia, quando i clandestini più deboli o privi di sensi venivano lasciati sulla strada, letteralmente lanciati dai camion in corsa. I gruppi dei migranti superstiti, giunti sulle coste libiche, restavano in balia di bande di “ribelli” armati che li utilizzavano come “merce di scambio” per la successiva rivendita ad altre organizzazioni criminali”, scrivono gli inquirenti.

I trafficanti poi una volta giunti in Italia riuscivano a recuperare i migranti nei centri d’accoglienza. Inoltre ancora una volta viene fuori il ricatto attraverso del rito voodoo. “Prima di iniziare il viaggio, ogni vittima veniva condotta dal “Native Doctor” (chiamato anche “Babalawoo”) per la celebrazione del rituale esoterico”. Arrivate in Italia le ragazze erano affidate al controllo delle “Madame”, le quali, attraverso ulteriori riti “voodoo”, violenza fisica e intimidazioni, le costringevano al meretricio al fine di guadagnare il denaro necessario a saldare il debito contratto.

 

 


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