Rotoli e altre vergogne, lo sfascio di Palermo

Rotoli e altre vergogne, lo sfascio di Palermo

Gli amici del sindaco tacciono. I nemici gongolano. Nel frattempo...

Sono parole scritte sull’acqua, perché tanto non cambierà niente. Però, forse qualcuno ricorderà, anche fra molti anni, l’ultimo tratto di strada dell’Orlandismo e lo valuterà come lo sfascio di una città, consumato nel silenzio dei benpensanti. A questo punto, in genere, si premette che l’Orlandismo ha fatto anche molte cose buone ed è senz’altro vero, ma tutto sembra surclassato dall’ultimo capitolo della storia. A memoria di chi scrive, da quando scrive, mai Palermo è stata così come è oggi: una discarica di buone intenzioni, nell’evidenza di una catastrofe. Sfascio, catastrofe, fallimento, vergogna: siamo arrivati al punto in cui, guardando al cimitero di Santa Maria dei Rotoli, le parole non bastano più. Ed è il traguardo finale di un fatto specifico e di un’amministrazione complessiva. Che porta a sospirare: basta, venga chi può, anche Temujin, per gli amici Gengis Khan. Peggio non farà. Perché quando l’inerme cittadino si trova con l’acqua alla gola si incarognisce ed è disposto a pensare pensieri che mai penserebbe. Ma Palermo è davvero disgraziatissima, stretta tra la retorica insopportabile dei nemici, che gongolano, e degli amici del sindaco, con vista sulle elezioni. Questi ultimi stanno zitti, quando nulla possono scusare. Eppure, se a Palazzo delle Aquile regnasse mezzo Cammarata sarebbero già accampati da mesi lì con le tende e le bandiere.

Sono parole scritte sull’acqua sporca della politica che subiamo. Parole che diventano urla proprio davanti al cimitero dei Rotoli. Adesso si scopre che manca pure il personale per le sepolture, secondo denuncia. “Gli uffici dei servizi cimiteriali del Comune di Palermo sono già al lavoro per esaminare le pratiche presentate ieri dai cittadini e rispondere tempestivamente alle istanze – dice l’assessore ai Cimiteri Toni Sala -. Stiamo procedendo a una riorganizzazione degli uffici, con trasferimento di nuovo personale, e stiamo procedendo anche alla formazione dei lavoratori. Un’operazione né semplice, né immediata ma necessaria. Ringrazio comunque i dipendenti che svolgono con senso di responsabilità il loro lavoro”. E sembrano, senza negare il riconoscimento dell’impegno dell’assessore, i discorsi in un bunker sotto il bombardamento nemico, colpito dagli ordigni e da un senso di smarrimento della realtà. Le macerie si sommano e si continua a proclamare la fiducia nella vittoria finale. L’impegno non basta più, le promesse non bastano più. Siamo da tempo oltre la soglia della minima decenza.

L’assessore stesso, del resto, lo aveva ammesso: “L’obiettivo che prevedeva la tumulazione, cioè la sistemazione nei loculi di tutte la bare, entro il 31 ottobre, è evidente che non l’abbiamo raggiunto. Però è vero che non tutte le famiglie hanno aderito al programma dei trasferimenti a Sant’Orsola, che sono ripresi dopo il blocco delle imprese funebri. Cerchiamo di migliorare il migliorabile, sapendo che, per una soluzione definitiva, ci vorranno, appunto, azioni definitive”. Con tanti saluti al cronoprogramma, agli annunci, ai faremo e ai diremo. Intanto, chi ha la sventura in casa, perché qualcuno muore, oltre alle lacrime deve subire l’offesa di un trattamento spesso inumano. Le sacrosante e indignate parole dell’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, pronunciate nel giorno della commemorazione dei defunti, sono state già archiviate dal Palazzo. Il silenzio regnerà fino alla prossima e pubblica malafiura.

E il taccuino dello sfascio potrebbe gonfiarsi come la rana della favola fino a diventare un’enciclopedia di schifezze, tra munnizza, sporcizia, traffico, etc etc. Ma chissà se basta raccontare una piccola storia per dare una prospettiva da cui si evince l’andazzo: cioè narrare che fino a ieri mattina i detriti dell’ultima bomba d’acqua in via Grotte, a Mondello, non erano stati rimossi, dopo parecchi giorni. Siamo passabilmente sicuri che siano ancora lì, tuttavia il riferimento al passato riflette la speranza mistica di una soluzione che, verosimilmente, non sarà stata trovata. Ed è ovunque così lo scenario: con i palermitani alle prese con centomila guai che domandano e un’amministrazione che non sa, che non fa, che non risolve, in una sindrome da burocrazia di certi angoscianti film o romanzi, con telefoni che squillano in stanzoni desolati e c’è una voce che risponde, quando risponde, solo per dire: scusi, non tocca a noi. E passare la comunicazione a un’altra voce che ripeterà la stessa frase. Nessuno, infatti, sa. Nessuno conosce il suo vicino di stanza. Perfino spostare una pietra diventa un’impresa impossibile. Nel frattempo solo alcuni palermitani onesti raccontano Palermo e la vedono così com’è, senza indossare la maglietta di una squadra. Ma sono parole sull’acqua.


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