Sanità pubblica, arriva la grande fuga dei medici

Sanità pubblica, arriva la grande fuga dei medici

Il sondaggio secondo cui tre quarti dei medici vorrebbero lasciare il servizio sanitario e i possibili rimedi: parla il segretario della Cimo.
WELFARE E LAVORO
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CATANIA – La fuga dei medici dalla sanità pubblica è già in atto da tempo, e le cose non sono destinate a migliorare in tempi brevi. Episodi come i concorsi pubblici per medici di pronto soccorso e anestesia che vanno deserti, infatti, si ripetono sempre più spesso, e a questo si somma una insoddisfazione generale dei medici per il lavoro negli ospedali pubblici. A confermare questo atteggiamento è stato un sondaggio che il sindacato Cimo-Fesmed ha condotto tra i camici bianchi, confermando la voglia di fuga dal sistema pubblico.

I numeri

Il sondaggio Cimo-Fesmed ha chiamato in causa un campione di 4.258 medici ospedalieri in tutta Italia, tra i quali circa un decimo erano siciliani. Tra i medici dell’isola, solo il 23,5 per cento degli intervistati ha dichiarato che rimarrebbe a lavorare nel servizio pubblico. Tutti gli altri, il 68 per cento, preferirebbero lasciare il pubblico per passare alla libera professione (il 14,9 per cento), andare all’estero (23 per cento), spostarsi nel settore privato (12,6 per cento) o anticipare il pensionamento (25,9 per cento).

Tra i motivi dell’insoddisfazione dei medici pubblici ci sono le aspettative a inizio carriera comparate alla realtà della professione, e il carico di ore di lavoro e responsabilità in rapporto alla retribuzione. Secondo quanto riporta il sondaggio Cimo-Fesmed, solo il 38 per cento dei medici lavora fino a 38 ore settimanali, ovvero quanto previsto dal contratto di lavoro. Il 44 per cento dei medici lavora fino a 48 ore, mentre il 19 per cento supera questo limite, fissato dalla normativa europea. In più, la grande maggioranza dei medici, l’88 per cento, ha un credito di ferie non godute.

Il crollo delle aspettative

I dati raccontano dunque di una grande disaffezione dei medici nei confronti del Sistema sanitario nazionale. Ma perché questo allontanamento? A commentare i dati è Giuseppe Riccardo Spampinato, medico e segretario regionale della Cimo: “Quando un medico entra nel mondo del lavoro ha delle aspettative, che il sistema pubblico negli ultimi anni non soddisfa. La prospettiva di una buona professione, di diventare un bravo chirurgo o un eccellente internista, quella di fare carriera e quella di un buon trattamento economico, sono molto alte all’inizio del percorso, ma secondo la nostra rilevazione sono ai minimi tra i medici che sono inseriti da qualche anno nella sanità pubblica”.

In particolare, spiega Spampinato, “la crescita professionale e nella carriera è frustrata da un sistema ingessato, e quella economica è ferma da anni per tutti, tra blocchi dei turn over e concorsi che non si fanno. In quindici anni senza contratto il potere d’acquisto dei medici è molto diminuito”.

“Perché allora – continua Spampinato – un giovane dovrebbe scegliere il servizio pubblico? La sanità italiana ha il più basso rapporto medici/posti letto, il che si traduce in turni massacranti, stress altissimo, molti straordinari a causa delle piante organiche sempre più ridotte, con stipendi che sono circa la metà, quando non un terzo, di quello che prendono i colleghi in Francia, Germania o Regno Unito. Di fronte a uno scenario del genere non c’è da stupirsi se i concorsi per medici d’urgenza o anestesisti vanno deserti”.

Come fare tornare le cose indietro, a una sanità pubblica che attrae i medici invece di farli disperdere? “Le soluzioni non sono nuove, come i problemi di cui parliamo, vecchi di anni – dice Spampinato – la prima sarebbe sedersi a un tavolo e decidere le cose davvero essenziali e utili da lasciare aperte negli ospedali. Per anni abbiamo parlato di riconversioni e chiusure, e invece si sono aperte strutture nuove che non si sa con che organici riempire. Dunque rimodulare la rete in modo che ci sia personale adeguato, e prevedere un aumento serio degli stipendi, rimasti fermi per dieci anni e aumentati, l’ultima volta, di 110 euro lordi, una somma ridicola”.


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